"Una ragazza che legge sa che il fallimento conduce sempre al culmine,
che tutto è destinato a finire ma che tu puoi sempre scrivere un seguito;
che puoi iniziare ancora e ancora ed essere nuovamente l’eroe.
Una ragazza che legge comprende che le persone, come i caratteri, si evolvono.
Eccetto che nella serie di Twilight.
Se trovi una ragazza che legge, tienitela stretta:lei parla come se i personaggi del libro fossero reali perché, per un po’, lo sono sempre."
Rosemarie Urquico.

martedì 26 giugno 2012

Rebirth Dawn Capitolo XXXI

XXXI
 - Cazzo, questo sì che è smielato -






< EDWARD! > “Prenditi cura del mio cuore, te l’ho lasciato.”
Una scheggia del suo sorriso mi graffiò il viso, cadendo poi abbandonata a lato della mia mano.
Bianca e tagliente, sembrava un frammento di specchio.
La accarezzai tremando ed una mia lacrima calda la bagnò.
< Edward. > il grido, che mi aveva squarciato la gola pochi istanti prima, si ridusse ad un mormorio incomprensibile, una preghiera che non sarebbe stata ascoltata da nessuno.
“Se fossi capace di sognare, sognerei te e non me ne vergogno.”
Alzai gli occhi annacquati in tempo per vedere le fiamme divampare dal suo petto crepato e divorarlo in pochi attimi.
Arrancai carponi fino a quando il calore non fu insopportabile.
Singhiozzai e gli chiesi scusa sottovoce, come se temessi di svegliarlo.
Come se non fosse davvero lui quello che bruciava rapido, così in fretta che per metà era già ridotto in cenere.
In quel momento la melodia della ninnananna che aveva composto per me mi salì alle labbra e la canticchiai a bocca chiusa, sperando lo accompagnasse nel mondo in cui stava dirigendosi senza nemmeno avermi salutato.
“Ti amo, è una giustificazione banale per quanto faccio, ma sincera.”
Dietro le mura di fuoco notai appena il corpo di Felix venir smembrato da un paio di lupi che non volli identificare.
Era finita. Era finita davvero.
E non ero io ad aver pagato il prezzo più alto, ma due innocenti che avevano solo avuto la sfortuna di capitare in mezzo alla mia strada.
Ostacoli calpestati involontariamente, travolti dalla frana-Bella che si era arrestata soltanto alla fine del suo percorso, quando non aveva trovato più nulla da schiacciare.
Come avevo potuto illudere me stessa e chi avevo intorno di una vittoria facile e senza perdite?
Come avevano potuto credermi, seguirmi e battersi per me fino alla fine?
Una fine che non era prevista e da cui non si tornava indietro.
Non c’era rewind, un tasto pausa per l’addio o un finale alternativo nascosto tra i contenuti speciali del film.
Quella era la realtà e aveva il disgustoso sapore della morte.
< Edward. > sussurrai ancora, singhiozzando e asciugandomi le guance bagnate con il dorso della mano.
“Tu sei la mia vita adesso.”
Le fiamme si spensero in fretta, lasciandomi al buio davanti ad un mucchietto di polvere di marmo bianca e lucente.
Era tiepida e scioccamente ne presi un po’ tra le mani, come se avessi potuto riplasmare il viso del mio vampiro basandomi sulla memoria e i ricordi che avevo di lui.
Il vento, però, mi sottrasse i granelli dalle dita e li disperse per tutta la radura chiazzata di sangue e angoscia.
Le sue ceneri si mischiarono a quelle di Jane, Caius e persino a quelle del suo assassino.
Strinsi i pugni e cercai di salvare tutto quel che potevo di Edward, coprendolo con le braccia ed il mio corpo.
Volevo fargli da scudo, proteggerlo come lui aveva sempre cercato di fare con me.
Peccato che avessi un pessimo tempismo e che quel mio disperato tentativo di difesa da un nemico invisibile e incorporeo arrivasse troppo tardi.
Avrei dovuto muovermi prima, non chiamarlo o lasciarmi uccidere da Felix...sacrificarmi per coloro che amavo.
< Bells... >
< No. Non è vero, non può essere vero. No, no, no, no! > la voce si scheggiò tra i miei denti e uscì a pezzi dalle labbra.
Strizzai gli occhi e bagnai di dolore la polvere sotto di me, che il vento mi sottraeva perfido.
< Bells... > avvertii il suo tocco caldo tra le ciocche dei miei capelli arruffati e singhiozzai più forte, pur non volendolo.
Ero disperata per la morte di Edward e quei miei gesti d’atroce sofferenza avrebbero ferito anche Jake.
Mi odiavo di nuovo o forse non avevo mai smesso, soltanto non ero mai arrivata a sfiorare certi picchi.
Il senso di colpa dilagava senza argini, impantanando i miei organi di fango e bei ricordi che sarebbero sbiaditi troppo presto.
Assassina, assassina.
< Amore, amore guardami ti prego. > il suo tono sembrava distrutto quanto il mio.
Perchè dovevamo essere legati al punto di condividere inconsciamente anche quel che volevo tenere solo per me?
Volevo preservarlo e nascondergli quanto fossi turbata dalla perdita del mio vampiro, ma tentare di celare qualcosa a Jake, per me, era come provare a mascherare con un dito una montagna.
Sebbene lui non avesse mai sopportato Edward –sia a causa della loro natura avversa, sia perchè inizialmente la mia scelta era ricaduta su di lui-, in quel momento il mio uomo mi stava stringendo forte e partecipava al mio dolore come fosse anche suo. Come se avesse perso un caro amico.
Non mi lasciava sola e non si curava di altro che non fossi io, mentre attorno a noi ancora bruciavano i fuochi dello scontro.
Alle mie orecchie giungevano distorti i lamenti dei lupi, probabilmente ancora riuniti attorno a Brady, e i ringhi di Aro o forse Marcus.
Sperai che li uccidessero in fretta e senza pietà.
In parte era anche colpa loro se Edward non c’era più.
Il calore di Jacob sciolse altre lacrime congelate nello stomaco e chiesi scusa in un sussurro ininterrotto alle ceneri rimaste, granelli di una non-vita che non avrebbe dovuto concludersi...non così.
< Bella... > una mano piccola e gentile mi alzò il viso, costringendomi ad aprire gli occhi.
Mi pulì le guance bagnate su cui si era incollato un po’ di pulviscolo e s’insinuò tra le mie dita contratte, forzandomi per aprire i pugni.
Quel che rimaneva di Edward si sparse veloce, lontano, come se un bambino avesse soffiato intensamente su un dente di leone, disperdendolo nell’aria.
Attorno a me danzavano bagliori argentei che sembravano abbracciarmi.
Amore, delusione, appartenenza.
Alice li osservò con una piega amara della bocca, mentre io dicevo mentalmente addio a quello che era stato sul punto di diventare mio marito. Per sempre.
La polvere svanì in alto e con essa anche l’eco delle rare risate di Edward Masen Cullen.
Singhiozzai per l’ultima volta, mordendomi le labbra, e Jake mi baciò la testa.
Era accanto a me, vivo, ed io stessa stavo bene. Ringraziai il cielo per quell’unico dono inaspettato tra tanta miseria.
< Lui lo sapeva, Bella. > le parole di Alice scavarono un buco nel mio addome.
< Che stai dicendo? > farneticai, pulendomi le mani sui jeans con forza, fino a sentire i granelli raschiare la pelle con voracità.
Sanguinai ancora e mi macchiai i pantaloni.
Jake lo notò e mi bloccò le braccia.
< Avevo visto la sua morte e l’avevo messo in guardia. > si strinse nelle spalle piccole ed i suoi occhi dorati mi fecero male.
La sfumatura era la stessa, ma non li avrei più visti su un volto contornato di capelli bronzei.
< No. > sussurrai sconvolta, rifiutandomi di accettare il senso di quel che Alice mi stava rivelando.
< Invece sì, Bella. Quando gli ho riferito della mia visione, ha sorriso quasi sollevato. “Spero che lei non pianga troppo.  Dille di non piangere, di credere nell’anima che vedeva in me e nel posto migliore che mi è stato riservato. Io ci spero. Andrà come deve.” Questo mi ha detto ed io ora lo riporto a te. Era preparato. >
Stordita mi fissai le dita sbucciate, puntinate di gocce rosse, e sentii la presa di Jacob serrarsi sulle mie spalle.
Edward non aveva voluto salvarsi, non aveva più un motivo per farlo.
Indirettamente, era colpa...
< No. Bella, no. > disse in un sussurro deciso Alice. Mi portò una ciocca di capelli, sfuggiti alla coda, dietro le orecchie e mi sorrise con tepore < Non sei tu la causa. Ha scelto di affidarsi al destino, lo stesso che vi ha fatti incontrare. Sosteneva che, se non fosse sopravvissuto, era giusto così. Non colpevolizzarti, lui non lo vorrebbe. > mi accarezzò una guancia bagnata e mi sembrò di essere sfiorata da una bambola di porcellana.
Annuii con poca convinzione e alzai gli occhi al cielo bruno, che sfumava in un blu senza stelle.
Voltai il capo e baciai la mano di Jacob, che era posata vicino al mio collo, e guardai Alice alzarsi in piedi con un saltello, con gli occhi puntati sulle mie dita che ancora intrappolavano polvere di Edward.
Ero certa che stesse salutando il fratello in silenzio e dentro di sè stesse versando fiumi di lacrime, invisibili all’esterno.
Uno straziante pianto muto.
< Andiamo a casa, Bells. E’ finita. > mormorò Jake e mai parola mi era sembrata più definitiva.
Osservai la vampira che vedeva il futuro correre in direzione di Aro e Marcus e poi presi per mano il mio uomo.
Stavo tornando a casa.
Ce l’avevamo fatta.



C’erano abbracci, che non avrei mai saputo descrivere, persi nelle pieghe dei miei gomiti; lacrime, che non avrei più versato, tra le ciglia dei miei occhi asciutti e ferite da custodire sottocute, che non si sarebbero mai rimarginare, nascoste alla vista di estranei.
C’erano emozioni sigillate in una cassaforte del mio cuore, seppellita sotto strati di pelle resistente e inviolabile, di cui avrei di sicuro perso la chiave e calore che mi avrebbe scaldato nel gelo senza tuttavia bruciare.
Ero sopravvissuta.
Io, l’unica che meritava davvero di morire.
Mi asciugai una lacrima con la punta delle dita e deposi un mazzo di fiori di campo sulla lapide di bianco marmo venato d’azzurro sopra cui era inciso, in una grafia elegante e senza età proprio come era stato lui, il nome “Edward Masen Cullen”.
Spuntava nel luogo esatto in cui era stato appiccato il rogo che l’aveva ridotto in cenere, lì nel mezzo della radura dove si era sacrificato per salvare me. Di nuovo.
Paladino impavido senza tempo, dall’armatura scintillante.
Non era stato celebrato alcun funerale per lui, al contrario di quanto avvenuto per Brady, e nessuno, a parte me, aveva potuto piangere la sua scomparsa.
I vampiri non piangevano. Nemmeno quando avrebbero voluto.
Quella mattina avevo trovato Rose con in mano un fazzoletto ricamato e stropicciato, ma non usato. Emmett le aveva stretto una spalla in segno di conforto e lei gli aveva sorriso debolmente.
Mi aveva fatto una gran tenerezza e, senza riuscire a reprimere l’impulso, l’avevo abbracciata stretta.
Lei, incredibilmente, aveva ricambiato con quella che mi era parsa dolcezza.
Era sollevata che avessi scelto una via diversa dall’immortalità e in un sussurro mi aveva augurato di avere ogni cosa che a lei era mancata.
Avevo pianto anche in quel momento d’inaspettata intimità con lei.
Esme, prendendomi da parte, mi aveva raccontato che dopo la battaglia, quando ero stata al sicuro alla riserva, Alice aveva svelato a Marcus una verità su Aro di cui nessuno era al corrente e che a lei era stata rivelata da Edward solo poche ore prima dello scontro.
Riguardava una certa Didyme, moglie di Marcus, sorella di Aro, e la sua morte.
Non era scesa nei dettagli e io non gliene avevo chiesti. Non m’importava più di nulla.
Mi bastava sapere che Aro aveva pagato i suoi crimini con la pena massima, infertagli proprio dalla persona meno sospetta.
Marcus, poi, era tornato a Volterra e aveva posto fine alla casata Volturi, senza dipingere la famiglia Cullen come responsabile e senza rivelare alcunchè riguardo il branco: il prezzo per aver salva la vita.
< Sapevo che ti avrei trovato qui. >
Sorrisi, mio malgrado, passando le mani sulla scritta che sostituiva la data di nascita e morte di Edward sulla sua lapide.
Era opera mia.
“Attraverso il tempo, oltre i secoli, nel passato presente e futuro, sei amato.”
< Ciao, Alice. > la salutai senza voltarmi, rievocando nella testa il sorriso sghembo del mio vampiro.
Non c’era una sua foto, ma non ne avevo bisogno: lui era dentro di me, parte di me come fosse un’arteria e il sangue che gli scorreva dentro.
< Sono venuta a salutarti. >confidò, inginocchiandosi aggraziata accanto a me.
Davanti al viso aveva una retina scura, che la faceva sembrare una di quelle vedove da film americano in bianco e nero.
Era splendida nel suo dolore.
< Ci siamo già salutate stamani. Pensavo foste già in viaggio, ormai. > risposi, giocherellando con un ciuffo d’erba bruciacchiata che avevo sotto i piedi.
Mi sorrise enigmatica e mi porse una scatolina blu zaffiro di velluto.
La guardai interrogativa e lei rise di gusto.
< E’ la prima volta che mi capita di dare un regalo a qualcuno senza prevedere la sua reazione. L’influenza di Jacob mi ha impedito di vedere e quando ti ha lasciata qui mi sono imposta di non sbirciare: voglio che sia una sorpresa anche per me. Spero ti piaccia. >
Mi guardò in attesa, eccitata e m’incoraggiò con mani impazienti.
Aprii il cofanetto con un misto di curiosità e anticipazione e un’altra lacrima cadde dai miei occhi rossi.
< E’...è quello che penso io? > domandai, torturandomi le labbra con i denti.
Alice annuì e mi pizzicò la guancia.
< Su, fammi un sorriso. E’ un modo per averlo sempre con te e per ricordarti di noi. Sii felice, Bella. Te lo meriti. >
Mi baciò sulla fronte, come spesso aveva fatto suo fratello, e mi allacciò il ciondolo al collo.
Poi si alzò in piedi e mi salutò con la mano, sparendo via veloce.
Portai le dita sotto la gola e sfiorai il vetro freddo di una piccola fiala delle dimensioni di un mio polpastrello: dentro, qualche granello di Edward brillava al sole.



Il respiro quieto dei miei bambini cullava il mio.
Chiusi gli occhi e passai la mano sul petto nudo di Jacob, che invece giocava con i miei capelli fissando il soffitto buio.
Mi baciò la fronte e poi intrecciò le nostre dita. Mi strinse e inspirò forte il mio odore.
Tremava e non ne capivo il motivo.
< Tutto bene? > gli chiesi, alzando il viso verso il suo.
Annuì poco convinto, con le ombre che giocavano con i tratti della sua faccia crucciata.
< Jake... > lo ammonii con voce severa.
Sbuffò.
< Ti odio. Non vale usare la dote di migliore amica per capire quando qualcosa non va. > si passò una mano sugli occhi e sospirò.
Mi puntellai con i gomiti sul materasso ad una piazza su cui stavamo stretti e gli baciai la punta del naso.
< Lo fai tu, lo faccio anche io. E’ una relazione paritaria la nostra, no? > mugugnò la risposta e mi fece la linguaccia.
Ephram, nella sua culla di legno, si girò, portandosi il pollice in bocca.
Jacob volse il viso verso il figlio e sorrise con amore.
< Tu credi che... che noi possiamo andare bene per loro? > mi chiese, quasi sovrappensiero.
Allungò una mano e rimboccò le coperte ad Elizabeth, che sonnecchiava a pancia sotto con le gambette raccolte sotto il pannolino.
< Nel.. nel senso che... Bells, cazzo, siamo così giovani... Dobbiamo ancora maturare del tutto noi, come facciamo a crescerli? > il suo tono era alle soglie della disperazione.
Tremava di più e sapevo bene fosse per paura e senso di inadeguatezza.
Sfiorai la sua mascella con le labbra e lo convinsi a guardarmi.
< Jake, credi che tra qualche anno sarebbe stato diverso? Genitori non si nasce. Non c’è un libretto d’istruzioni e non si è mai preparati abbastanza. E’ come andare in bicicletta: quando cadi, ti rialzi e piano piano acquisti sicurezza, no? > mi fissò dubbioso.
Alzai gli occhi al soffitto.
< Sì, ok, solo io cadevo dalla bicicletta, ma passami il paragone, dai. > gli morsi dolcemente la clavicola e lui rise. Soffriva il solletico in quell’unico punto, il mio uomo.
< E’ che... > attaccò, ma lo zittii con un dito sulla bocca.
< E’ che, niente! Mi ami? >
Rise di nuovo, come se finalmente fossi riuscita a fare una battuta.
< Mi prendi per il culo, Bells? Non te l’ho dimostrato a sufficienza? >
< Mi ami? > insistetti, testarda. La sua influenza si faceva sentire anche sul mio carattere.: ero diventata più tenace e raramente piegavo la testa, ormai.
< Da morire. Come un coglione. Un casino. Scegli te la risposta che più ti piace, il succo è sempre lo stesso. >
Mi baciò e quasi persi il filo del discorso, assieme al fiato.
< E ami i nostri figli? > borbottai, sfregandomi una mano sulle guance, come se servisse a cancellare il rossore.
< Più della mia vita. Cazzo, questo sì che è smielato. > scoppiai a ridere e lui mi tappò la bocca, intimandomi il silenzio: un’altra notte in bianco per colpa dei gemelli davvero non la desiderava.
< Allora direi che siamo a posto. C’è amore, Jake. Non credo ci serva altro. >
< Bells, temo di dover smontare il tuo romanticismo: senza soldi che futuro vuoi che abbiamo? > domandò ironico.
< In effetti è meglio che ti sbrighi a finire la scuola. Mio padre ha detto che non ha intenzione di mantenerci a lungo. >
Il mio uomo, che diventava un lupo grande e grosso e si batteva contro creature mitologiche bevitrici di sangue, tremò all’idea di dover affrontare il fucile di Charlie Swan.
Sorrisi e posai la testa sul suo petto di nuovo, dove il cuore sfrecciava a velocità supersonica.
Chiusi gli occhi e mi lascia andare: ero al sicuro, ero a casa.
< Hai ragione, Bells. Spero tu stia dormendo, così non mi rinfaccerai nulla di tutto questo... > sentii Jacob sussurrare piano, tra i miei capelli < ... ma ho te, non mi serve altro per vivere. >



1 commenti:

Nalu ha detto...

Aaaaaaaaawwwwwww *___*
Da quanto aspettavo questo capitolo!!!!!!!
mammamia!!
e come sempre, non deludi mai!
Te lo giuro, mi sembrava la scena di un film! e in senso assolutamente positivo!
ogni descrizione, ogni stato d'animo era.....semplicemente giusto. stava lì come se non avesse fatto altro nella vita.
Ok, non so se mi sono fatta capire, ma ormai, alla fine di una settimana infernale alle spalle, con un compito di matematica fatto questa giornata, fatico anche a capirmi io stessa, pensa un pò xD
Comnunque, scusa, questo non c'entra adesso.....
La priorità è per lei. Bells.
Quanto l'ho sentita vicina in questo capitolo.... (è sempre, sempre colpa tua, sappilo :D)
E mi è piaciuta un sacco la piccola interazione cn Rosalie.....segretamente le amo da morire.
E Jake? Oddio, è adorabile! e forte....e uomo <3 e io lo amo!
Quanto mi dispiace che manchi solo l'epilogo!!!! vorrei continuare a leggere questa storia per sempre! (rettifico: sempre colpa tua xD)
Però già non vedo l'ora di leggerlo!
Mi aspetto tanto, e so che non mi deluderai ;)
un bacio grandissimo
Nalu <3

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