"Una ragazza che legge sa che il fallimento conduce sempre al culmine,
che tutto è destinato a finire ma che tu puoi sempre scrivere un seguito;
che puoi iniziare ancora e ancora ed essere nuovamente l’eroe.
Una ragazza che legge comprende che le persone, come i caratteri, si evolvono.
Eccetto che nella serie di Twilight.
Se trovi una ragazza che legge, tienitela stretta:lei parla come se i personaggi del libro fossero reali perché, per un po’, lo sono sempre."
Rosemarie Urquico.

venerdì 20 luglio 2012

Rebirth Dawn Capitolo XIV

XIV
- X-man -

-Quando acchiappo Monica, domani, giuro che le faccio ingoiare il quaderno ad anelli degli appunti di matematica per intero.-
< Cheee oria è, Agnie? > Diego biascicò la domanda come se un'appiccicosa gomma gli avesse incollato i denti.
Alzai gli occhi al cielo, sconsolata, e poi guardai di sfuggita l'orologio, cercando di decifrarlo alla fievole luce della Luna che s'infiltrava tra le fronde spioventi degli alberi.
< Le due e qualcosa. > risposi, adeguando il passo al suo barcollante e malfermo.
< Oddiiio, devo sbrigarmi a torgnare a casha! Inizia la mia telenovelllllla preferita! > gridò galvanizzato, rischiando di inciampare su una radice.
No. Il quaderno era decisamente troppo poco. Avrei fatto ingoiare la lavagna a Monica, altrochè!
< Diego, sono le due di notte. A quest'ora non c'è nulla in tv. Su, andiamo. > sbuffai e mi passai un suo braccio sudaticcio dietro il collo, aiutandolo, per quanto possibile, a camminare in linea retta.
< Andate insieme, Ann. Abitate a due passi l'uno dall'altra e lui non è proprio nelle condizioni di attraversare la Riserva da solo. > imitai la vocetta acuta della mia amica nella testa e le feci il verso, storcendo il naso.
Ma perchè mi facevo sempre incastrare?
Perchè non imparavo a dire "no!" una volta ogni tanto?
< Scei coscì carina. > mugugnò lui, alitandomi in faccia.
Sapeva di liquore da due soldi e troppi bicchieri di vino. Voltai la faccia disgustata, accelerando l'andatura.
Sotto le suole delle mie scarpe di tela i rami secchi scricchiolavano e le foglie morte sembravano un tappeto molle.
Rimpiansi di non aver portato la mia fedele torcia, rimasta a prendere polvere nel cassetto della scrivania in camera mia.
In realtà avrebbero dovuto accompagnarmi Luz e suo padre, come al solito, ma oggi non avevano posto in macchina per me e così avevo vinto il viaggio di ritorno dalla serata maratona di film insieme a quello stoccafisso di Diego, che tra l'altro aveva anche una cotta per me.
Con una cadenza precisa -ogni tre settimane, per l'esattezza- si faceva avanti. Rose rosse, cioccolatini, peluches e frasi sdolcinate contornavano la sua dichiarazione ogni volta, dandomi il voltastomaco.
Sbuffai e calciai un sassolino, che rimbalzò lontano, inghiottito dalle fameliche fauci dell'oscurità.
< Agnie, ce l'hai un coltellllo? > probabilmente gli si era attaccata la lingua al palato nel pronunciare l'ultima parola.
Pregai che Diego per vomitare aspettasse di essere a casa.
Sospirai < No. Che ci devi fare? >
< Dobbbbbbiamo esscere pronti nel caso che ci attacccccchino i...hic...licantropi. >
Rabbrividii all'ennesimo sbuffo di vento e mi maledissi mentalmente per non aver portato una giacca pesante come la nonna mi aveva consigliato.
Faceva un freddo bestiale, per la miseria!
Sollevai gli occhi al cielo terso, senza nemmeno l'ombra di una nube e, a malincuore, concordai con Diego: la Luna piena che si affacciava in cielo splendente e luminosa era identica in tutto e per tutto a quella del film che ci eravamo sorbiti a casa di Monica.
E, purtroppo, il film parlava di lupi mannari.
Una sciocchezza, ovvio. Non esistevano che nelle leggende, ma era facile convincersene di giorno, al riparo nella propria casa.
Mentre si camminava nei boschi, al buio e con un amico ubriaco appeso alle spalle, era tutta un'altra questione.
- Oh, andiamo Annie, non ti farai spaventare da un'atmosfera leggermente inquietante, dallo squittio di qualche animale e dagli altri suoni della natura, no? Ci sei abituata ormai e ci vuole ben altro per destabilizzarti! -
D'improvviso Diego cadde a terra a peso morto, trascinandomisi con sè.
Sbattei il viso su una pietra che spuntava dal fogliame e per un attimo la vista si appannò.
Boccheggiai spaesata.
Gemetti, reggendomi la fronte con dita sporche di terriccio umido e cercai di rialzarmi, senza successo. Il mio amico, accanto a me, mugolava di dolore.
< Tutto bene? > gli chiesi, premendo sul punto esatto dove avevo sbattuto.
I polpastrelli infangati vennero bagnati da qualcosa di caldo e viscoso, che colava lungo il palmo della mano, fino al polso.
Fantastico! Mi ero procurata un bel bernoccolo ed una ferita che colava sangue copioso.
-Monica, preparati. Domani ti farò provare l'ebbrezza di un'immersione nel water della scuola, come minimo!-
< Agnie, mi sciono rotto una caviglia! > urlò di dolore Diego e, mentre mi avvicinavo a lui gattonando sulle foglie marce, percepii un soffio caldo sulla nuca.
Tremai e mi voltai di scatto, spaventata.
Sforzai la vista più che potei ma non riuscii a scorgere oltre la prima fila di cespugli ispidi.
Sembrava tutto immobile.
Irrealmente immobile.
Ingoiai la paura e scossi Diego.
< Non è così grave. Sarà solo slogata. Alzati, dài, siamo quasi arrivati. >
< No, mi fa male! > si lamentò ancora lui, reggendosi la gamba e dondolando con la schiena a terra, sporcandosi di fango la camicia a righe rosa.
Alzai gli occhi al cielo, esasperata.
Mi sembrava di avere a che fare con Penny ed i suoi capricci di bambina piccola, solo che lui, in teoria, avrebbe dovuto avere un pizzico di sale in più nella zucca.
< Diego, dacci un taglio! Voglio tornare a casa! > lo esortai, cercando di tirarlo a sedere.
Non ero abbastanza forte -e lui di certo non era una piuma- o me lo sarei caricato in spalla.
L'ennesimo alito tiepido mi sfiorò il collo.
< DIEGO, MALEDIZIONE, ¡LEVÁNTATE!> gridai agitata, passando allo spagnolo senza accorgermene.
Lui, per un solo momento, sembrò tornare lucido.
Mi fissò coi suoi occhi scuri senza profondità e si mise in piedi reggendosi a me.
Riprendemmo a camminare in silenzio, entrambi con le orecchie tese.
Ascoltavamo i rumori sinistri del bosco quasi in apnea.
Un frullare d'ali a sinistra, un ramo spezzato a destra, un frusciare di fronde più in alto...
Se non avessi posseduto una buona dose di sangue freddo il panico mi avrebbe già assalito.
Diego tornò a sbarellare e di nuovo rischiammo di cadere.
Sospirai ed il fiato mi si condensò davanti gli occhi. La ferita che avevo in fronte continuava a sputare sangue, che mi colava sul naso.
< Agnie tu non sei di qua, vero? > mi domandò lui dopo un po', quando eravamo quasi al limitare della foresta, probabilmente più per sovrastare il silenzio inquietante che per vero interesse.
Uno scalpiccio alle nostre spalle mi fece rabbrividire ancora.
Accelerai, svoltando a destra, verso casa del mio amico, che mi zoppicava accanto, sorreggendosi a me.
Il mio soprannome storpiato era orripilante, ma evitai di farglielo notare; era già un miracolo che si ricordasse come mi chiamavo.
< No. Vengo da Los Angeles. > risposi, saltando una buca che fortunatamente avevo intravisto.
< E porque sei fignita in Messscico? > abbozzai un sorriso. Quel suo miscuglio di americano e spagnolo, alterato dalla sbronza, era simpatico.
< Perchè qui abita Beatriz, la sorella di mia nonna. Lei aveva bisogno di un supporto, dopo la morte dei miei, per occuparsi di me e mia sorella. > gli spiegai cercando di essere il più concisa possibile.
Dubitavo che il giorno dopo avrebbe ricordato una sola parola di quella conversazione, ma parlare mi aiutava a non pensare a dove ci trovavamo.
Non avevo problemi a raccontare dell'incidente dei miei genitori...perlomeno in modo così schematico e riassuntivo.
Era scavare più in profondità che mi creava qualche difficoltà. Non lo facevo mai. C'era ricordi che era bene che non riesumassi.
Sospirai e mi sentii sollevata nello scorgere poco più in là le luci della casa di Diego, il quale, però, si fermò di colpo.
Mi voltai a guardarlo interrogativa. Aveva un'aria indecisa e colpevole, che stonava sulla sua faccia accesa dalla sbronza.
Alle sue spalle il buio denso e scuro, come una cortina di fumo impenetrabile, della foresta mi diede i brividi.
Ignorai una specie di strano scricchiolio e ingoiai la paura che sinuosamente si stava avviluppando alle mie viscere.
Ogni tronco, ogni stelo d'erba sembrava gridarmi “Va' via! E' pericoloso!”
< Diego che c'è? Andiamo, per favore? > mi allungai per afferrargli una mano ma lui la strinse con forza, tirandomi a sè inaspettatamente.
Mi serrò in un abbraccio goffo e rude e quasi soffocai, avendo la faccia premuta sulla sua camicia pesante un po' sbottonata, che sembrava essere stata imbevuta d'alcol.
< Che fai? Lasciami! > gli ordinai, cercando di staccarmi.
Lui non m'ascoltò e premette il suo corpo contro il mio.
Con orrore misto a sdegno mi accorsi che era eccitato.
< Diego! DIEGO! > gridai, tentando di divincolarmi dalla presa delle sue mani sudaticce senza successo.
< Ti voglio, Agnie. > sussurrò con voce arrochita, bloccandomi i polsi dietro la schiena con una mano.
Perchè ero così dannatamente bassa e non avevo frequentato quel corso di autodifesa con Monica e Luz?
Mi sarebbe tornato utile in quel momento.
Gridai e strattonai, ma Diego era forte e sembrava non accorgersi nemmeno dei miei tentativi di liberarmi da lui.
La mano che aveva libera s'insinuò bollente sotto la felpa che portavo e risalì la pancia fino a sfiorare i bordi del reggiseno.
Urlai ancora, scalciando. Speravo di colpirlo ai gioielli di famiglia e stenderlo.
Le sue labbra si storsero in un ghigno e con lentezza mi abbassò una spallina, mentre zittiva i miei strepiti con un bacio prepotente.
M’infilò la lingua in bocca e per poco non rigettai.
Sapeva di sigarette scadenti, Rum e Tequila.
Provai a mordergliela ma si ritrasse veloce e soddisfatto.
Alle sue spalle vidi qualcosa muoversi e mi distrassi, smettendo di lottare per un attimo.
Un pezzo d'ombra si staccò dal resto e avanzò veloce verso di noi.
Battei le palpebre e l'essere fatto d'oscurità era già svanito.
Diego, nel frattempo, approfittando della mia immobilità, mi aveva lasciato una sfilza di baci umidicci sul collo e aveva tentato -senza successo- di slacciarmi il reggiseno.
Ringraziai il cielo che l'alcol rendesse le sue dita impacciate e goffe.
Una lacrima mi scese sul viso, mentre riprendevo ad agitarmi e a cercare di forzare la presa della sua mano sui miei polsi, gridando come un'ossessa.
< Smettila di lottare, Agnie, lo sciò che mi vuuuuoi. >
Provò di nuovo ad avvicinarsi al mio viso, ma mi voltai schifata.
Chiusi gli occhi e continuando a mollare calci a destra e a manca, sperando ancora di colpirlo.
Sentivo la nausea salirmi in gola ed il disgusto attorcigliarmi lo stomaco.
La mano di Diego afferrò la mia gonna di jeans, la tirò verso il basso...e poi sparì.
Di colpo mi ritrovai libera, ginocchioni a terra, illesa.
Spalancai gli occhi ed individuai Diego a diversi metri di distanza accasciato scompostamente contro un albero.
Di fronte a me, invece, stava Jacob.
Mi strofinai gli occhi più volte, prima di riuscire davvero a convincermi che fosse reale e che non stessi sognando.
Lui mi fissò qualche attimo e poi si rivolse di nuovo verso il mio ex amico, che aveva tentato di stuprarmi e che, nel frattempo, si stava rialzando sorreggendosi al tronco dell'albero contro cui era volato per opera del mio salvatore.
Mi alzai in piedi tremando e tirai su la gonna, stringendomi nelle spalle.
Con le guance umide di lacrime guardai Jake tremare in modo convulso e ringhiare tra i denti in direzione di Diego.
Feci, inconsciamente, un passo indietro.
Ne avevo paura.
Non l'avevo mai visto con quello sguardo minaccioso addosso.
< Chi cazzo scei tu? > lo apostrofò Diego, andandogli incontro con gambe malferme.
< Stai lontano da Annie, bastardo schifoso! > gridò Jacob per tutta risposta, digrignando i denti, e poi si rivolse a me < Scappa! Non riesco a... >
Si piegò su se stesso, soffiando come se l'aria che ingoiava gli bruciasse nei polmoni, e gridò reggendosi l'addome.
Le sue dita era contratte, livide, in netto contrasto con la faccia rossa per lo sforzo.
Sul collo le vene gli pulsavano a ritmo frenetico, mentre il suo corpo veniva scosso da violenti spasmi.
Feci per avvicinarmi, preoccupata, ma lui rovesciò la testa all'indietro e sfoderò un ululato che mi drizzò i peli della nuca.
Accadde tutto in fretta, troppo in fretta perchè potessi razionalizzarlo: un secondo prima avevo davanti gli occhi Jake; un battito di ciglia dopo una enorme creatura rossiccia ringhiava tra le zanne scoperte ad un soffio dal viso di Diego, che scappò via, incespicando sui suoi stessi piedi, verso casa.
Mi portai una mano alla bocca, spaventata, e ingoiai un grido di terrore, arretrando.
La creatura si voltò verso di me e chinò la testa, come se fosse sconfitta o dispiaciuta.
Era mastodontica, alta quasi quanto un albero secolare, ed aveva le sembianze di...un lupo?
La luce era troppo scarsa per poterlo affermare con certezza, ma di sicuro non era un orso.
Mi squadrò insistente con i suoi occhi scuri, di un nero liquido e denso, come la pece.
Avevo già visto due occhi così ma non era possibile che...
Possibile che....?
< J-Jacob? > balbettai, facendo un altro passo all'indietro.
Era assurdo.
Sarei dovuta fuggire via gridando come Diego, eppure le iridi di quell'essere -qualsiasi cosa fosse- m'inchiodarono dov'ero.
Ero stata scaraventata nel mediocre film horror, visto a casa di Monica quella sera stessa, senza che me ne accorgessi, non c'era altra spiegazione.
Probabilmente sarei diventata il suo dessert e avrei fatto perdere a Penny l'ultimo brandello di famiglia che ancora possedeva, ma non riuscivo a muovermi, anche volendolo.
Il cervello aveva fatto saltare i ponti con le articolazioni delle gambe e delle braccia, che si tesero verso il muso dell'enorme bestia contro ogni logica.
Cos'è, d'improvviso avevo voglia di ritrovarmi con un braccio mozzato?
Il lupo mosse un passo cauto e felpato verso di me ed arrivò a sfiorarmi la mano sporca con il suo naso umido.
Mugolò.
< Jacob? > chiesi ancora, protendendomi per grattargli le orecchie.
Oddio, avevo perso ogni briciolo di sanità mentale che possedevo: stavo trattando un animale alto oltre due metri come fosse un gattino!
Con le dita sfiorai qualcosa che sembrava un pezzo di stoffa. Mi sporsi e glielo tolsi dal pelo.
Era un tessuto nero coi bordi slabbrati e aveva lo stesso simbolo che avevo visto quella sera a cena sulla maglietta di Jake.
Mi morsi il labbro inferiore, incerta.
Le opzioni erano due, no anzi, tre.
Uno: stavo sognando. In realtà ero a casa, nel mio letto, al calduccio sotto le coperte.
Due: la botta che avevo dato prima mi aveva rintontito a tal punto da farmi immaginare interamente l'accaduto.
Terzo: Jacob era in grado di tramutarsi in un lupo dal pelo folto e rossiccio, alto come un palazzo a due piani.
- Si, come no, Annie, e il caimano in realtà è un agnello mascherato per carnevale! -

- E' tutto ok, Annie. Tutto normale. Tutto perfetto. -
Come no.
Gironzolare alle tre di notte nella foresta buia e tetra scortata da un lupo geneticamente modificato, grosso come il camion del vecchio Pablo, era una cosa che facevo ogni giorno!
Ma che cavolo avevo nel cervello? Topi morti?
Di sicuro quella botta in testa non mi aveva giovato.
Sbuffai e con una mano sfiorai il pelo folto e lungo del lupo, che mi solleticò la pelle.
Sollevai gli occhi sulla sua figura mastodontica, di cui intravedevo solo tratti appena accennati nell'oscurità pressante in cui eravamo immersi, e rimasi sconvolta di nuovo.
Non poteva essere reale. Non poteva!
Mi strofinai gli occhi per accertarmi ancora una volta di non essere sola e poi tornai a camminare in silenzio, fissando dritto davanti a me.
I pizzichi che mi ero somministrata con forza sulle braccia mi avevano procurato di sicuro decine di lividi, oltre che la certezza di non star sognando.
Rimaneva quindi l'opzione tre: Jacob era un...mutante? Una specie di X-man? Era stato morso da un lupo radioattivo?
Qualcosa di simile.
A suo piacimento -o forse solo con la Luna piena? Su quel punto dovevo ancora indagare- poteva tramutarsi in un lupo gigantesco dal pelo rossiccio.
Non che quella sera non mi avesse fatto comodo il suo intervento ma...potevo davvero stare tranquilla?
Sembrava docile ma era grosso abbastanza da ingoiarmi in un solo boccone...
E più che per me stessa ero preoccupata per la nonna e Penny. Lui viveva sotto il nostro stesso tetto, per la miseria!
Cappuccetto rosso non era una fiaba rassicurante in tal senso: la nonnina faceva da pranzo alla bestia...
Strinsi le mani a pugno, mi morsi il labbro inferiore con ferocia e cercai di prendere una decisione sul da farsi.
Ne avrei dovuto discutere anche con la nonna, certo, ma soprattutto e innanzitutto dovevo capire quanto quel Mr-Hide-versione-pelosa-a-quattro-zampe potesse essere pericoloso.
In lontananza scorsi le luci del nostro cottage: Penny lasciava sempre l'abat-jour accesa quando io non c'ero.
Sosteneva che lo faceva per me, per aiutarmi a ritrovare la strada di casa. In realtà aveva una paura tremenda che entrassero dei ladri e la rapissero.
La pallida lucetta l'aiutava a dormire sonni tranquilli. Chissà per quali infantili motivi era convinta che i ladri non l'avrebbero presa se la stanza era illuminata.
Il lupo al mio fianco mugolò e poi si fermò con uno sbuffo poco lontano dalla porta.
Mi voltai per osservarlo meglio, ora che la luce lo rischiarava completamente, e rimasi affascinata dai suoi occhi liquidi che catturavano l'argento delle stelle.
Probabilmente avevo di nuovo indossato la mia solita espressione simil Munch, ma non ci badai.
Accennai un colpo di tosse per darmi un tono < Io...ehm...allora... >
Il lupo abbassò il muso e mi spinse verso l'uscio, invitandomi ad entrare.
< Beh...si...suppongo tu dorma fuori...mi...ehm...dispiace...il divano non ha doghe così resistenti... >
Dalla gola della bestia uscì un suono roco, basso e vibrante che mi ricordò una risata.
Stava ridendo?
Accennai un sorriso anche io e alzai una mano in un cenno di saluto.
< Direi...grazie, per il momento. E...buonanotte, Jake. Ci...uhm...vediamo domattina. >
Il lupo mosse impercettibilmente il capo in un gesto che interpretai come un “sì”.
Aprii la porta -che un tempo cigolava e che Jacob aveva prontamente oliato- e me la richiusi alle spalle, lasciandolo fuori.
Scivolai giù a terra, finendo seduta contro il legno freddo e mi presi la testa fra le mani, cercando di mettere ordine nel caos turbinante che regnava sovrano nel mio cervello.
Avevo rischiato di essere stuprata.
Quello era il primo pensiero che riuscii ad afferrare nel marasma vorticante.
Se prestavo attenzione avevo ancora l'acido sapore di Diego in bocca.
Inspirai profondamente, tentando di scacciare la nausea.
Certo, imbranato com'era, non è che avesse fatto poi granchè, ma ci aveva pur sempre provato.
Il secondo pensiero razionale che mi balzò in testa fu che i miei tentativi di tenere Jacob alla larga erano andati a farsi benedire.
Tutti gli incontri settimanali di studio inesistenti, tutti i tornei di beach-volley che mi ero inventata, tutte le uscite serali che avevo faticosamente programmato non erano serviti ad un tubo.
Ero riuscita a evitare di stare a contatto con lui per non più del quarto d'ora riservato ai miei pasti a velocità supersonica per oltre tre mesi ed ora andava tutto a farsi friggere grazie a questo suo salvataggio, degno di un supereroe.
Ero davvero sicura che non avesse la S di Superman, come mi aveva detto la prima sera, da qualche parte?
Dovevo accertarmene.
Ma poi...da dove diavolo era sbucato?
Mi seguiva?
Altrimenti che ci faceva nella Riserva alle tre di notte?
Cacciava sotto forma di lupo?
Al solo pensiero l'ennesimo conato di vomito mi salì in gola.
Dovevo scambiarci due paroline per quanto riguardava la sua “dieta” lupesca senza ombra di dubbio.
Mi alzai stancamente, sorreggendomi allo stipite della porta e, dopo aver chiuso a doppia mandata -senza davvero volerlo-, trascinai i piedi su per le scale, fino in camera.
Penny dormiva come un ghiro.
Mi avvicinai al suo lettino, le rimboccai le lenzuola, posandole un bacio sulla fronte, e spensi l'abat-jour.
Mugugnò qualcosa nel sonno e si girò, abbracciando stretta quella carota oscena a cui aveva anche disegnato una faccia, con la bocca mezza storta ed un occhio più grande dell'altro.
Sospirai e mi gettai a peso morto sul letto, fissando il soffitto bianco, sui cui danzavano le ombre dei rami spogli fuori la finestra.
Sembravano decine di dita scheletriche protese ed erano inquietanti.
Forse mi stavo facendo condizionare un po' troppo da quella atmosfera di film horror di quarta categoria.
Chiusi gli occhi, cercando di metabolizzare ciò che avevo scoperto quella sera sull'adorato tuttofare che mia nonna aveva accolto in casa -evidentemente si faceva commuovere dai casi umani-.
- Prendere nota: mai più presentarle sconosciuti trovati svenuti e nudi in giardino, Annie. -
Con sorpresa mi accorsi che quel segreto che Jacob custodiva non mi turbava più di tanto.
Lo dimostrava il fatto che non ero fuggita a gambe levate davanti l'enorme lupo come Diego.
Al contrario avevo teso le braccia per accarezzarlo!
Forse, più che Penny, quella che covava pazzia latente in famiglia ero proprio io!
- Domani prendo appuntamento per una visita psichiatrica. -
Tac.
Tac.
Tac.

Al terzo “tac” aprii gli occhi e mi misi seduta sul letto, cercando di capire che diavolo era quel rumore sordo e qual'era la sua fonte.
Gettai un'occhiata a mia sorella, ma lei stava dormendo angelicamente, con la boccuccia semiaperta, quindi non poteva aver fatto nulla.
Tac.
Mi voltai di scatto verso la finestra e finalmente capii.
Feci scorrere il vetro e mi affacciai curiosa.
Jacob, con in  mano una manciata di sassolini, alcuni dei quali erano stati tirati contro la finestra col rischio di romperla, mi fissò a lungo con un'espressione indecifrabile.
Deglutii a vuoto e, inutilmente, cercai di zittire il mio cuore.
Chissà perchè aveva preso a battere con ritmo incalzante e irregolare.
-Hai paura di lui, Annie. In fondo non sai se puoi fidarti – fu la risposta che mi diedi e bastò a tranquillizzarmi.
< Oh, Romeo, Romeo perchè se tu Romeo? > scherzai, unendo le mani vicino al viso e sbattendo le ciglia con fare ammiccante.
Jacob sorrise -o meglio piegò gli angoli della bocca all'insù, poiché le sue iridi rimasero impassibili- e poi sussurrò: < Se ti fai da parte ti mostro come sono salito la prima notte. >
Obbedii e lo vidi compiere un salto di un metro e mezzo senza alcuno sforzo, dandosi soltanto una spinta sul muro.
Si aggrappò al davanzale e fece leva sulle braccia issandosi sù, in silenzio.
Lo scrutai sbigottita, arretrando involontariamente.
Aveva indossato dei jeans strappati, che la nonna gli aveva comprato al paese, ma era senza scarpe.
Mi sedetti sul letto, sentendo il suo sguardo premuto sulla schiena.
< Ho capito... la prima sera avevo sbagliato supereroe. Non sei Superman, sei Spiderman, tu! > lo presi in giro, togliendomi le converse e lanciandole ai piedi dell'armadio.
Di nuovo piegò la bocca in quella specie di sorriso vuoto e poi si avvicinò, sedendosi per terra, davanti a me, a gambe incrociate.
< Spara pure. >
Lo fissai incerta, tentando di capire cos'è che stava aspettando, e nel frattempo cercai di distogliere lo sguardo dai suoi addominali scolpiti.
Perché cavolo doveva avere un fisico così perfetto?
Perché non era brutto, secco come un fuscello e non aveva i denti gialli e storti?
Sbuffai.
< Non hai decine di domande da pormi? Non ti vuoi assicurare che io sia innocuo? > chiese con tono freddo, distaccato.
< Oh, beh. Suppongo che dovrei farlo... >
Abbassai lo sguardo sulle mani e iniziai a giocare con i braccialetti che portavo, nel tentativo di allentare la tensione.
Non mi piaceva il modo in cui mi stava osservando.
< Annabelle hai tutte le ragioni del mondo per volere delle risposte e... >
< Jacob smettila. Io...non lo so, probabilmente non ho tutte le rotelle a posto ma non credo che tu sia pericoloso. Mi hai salvato... > borbottai avvampando.
Lui tacque per qualche attimo.
< Sono pericoloso invece. E' la rabbia a determinare la mutazione e, sebbene abbia sviluppato un certo autocontrollo, come hai potuto vedere, questa sera l'ho perso. >
< Perchè? > mi ritrovai a chiedergli, dando voce ad uno dei tanti quesiti che mi frullavano in testa.
< Perchè hai perso la calma? > specificai, temendo di essere stata troppo vaga.
Il silenzio di Jacob durò più a lungo del precedente.
< Perchè quel...quell'essere viscido e schifoso...ti...ti stava... >
La voce gli si spezzò. Alzai gli occhi su di lui e lo vidi reggersi la testa con mani tremanti.
Riconoscendo gli stessi spasmi di poche ore prima, che avevano preceduto la comparsa del lupo, mi inginocchiai di fronte a lui e lo circondai con le braccia.
Era caldo.
Nonostante fosse a petto nudo e l'aria che spirava fuori ed entrava dalla finestra lasciata aperta fosse fredda, lui era bollente.
I suoi tremori si acquietarono un poco.
< Ti ringrazio. Se non fossi intervenuto tu, stasera io... > Mi morsi ancora il labbro, serrando le palpebre per scacciare l'immagine della faccia ghignante di Diego e la sensazione delle sue dita addosso.
Jacob sospirò.
< Sei proprio scema! Gliela offri su un piatto d'argento la possibilità a quello lì! E soprattutto ti vesti con abiti così succinti che... Oh, lasciamo perdere! >
Mi staccai, palesemente offesa < Jacob Black tu non sei mio padre! Io sono maggiorenne e ho tutto il diritto di vestirmi come voglio! Non ho mai avuto problemi. Diego di solito è una persona diversa, oggi era ubriaco! >
< Ma certo! Difendiamolo pure! Cazzo, Annie, quello ti stava palpando senza ritegno, te lo sei scordato? Se io non fossi intervenuto domattina mi avresti detto la stessa cosa? Lo avresti perdonato solo perchè ERA UBRIACO? Cristo, sei proprio un'incosciente! Potevi chiamare a casa. Ti sarei venuto a prendere con la macchina! Fortuna che ogni volta che esci di sera ti seguo per assicurarmi che non t'accada nulla. Non sarò tuo padre, ma ci tengo che tu sia al sicuro! > esclamò rabbioso, con una scintilla nello sguardo.
< Non ho bisogno di un bodyguard, Jacob! > lo rimproverai, incrociando le braccia sotto il seno, furibonda.
Ma chi si credeva di essere e dove pensava che fosse capitato?
A Seattle, dove qualche mese prima c’erano stati un centinaio di omicidi?
Qui non succedeva mai nulla!
Ed io sapevo cavarmela benissimo da sola!
Forse non ero andata poi molto lontana dalla verità quando avevo supposto che potesse essere un serial killer.
Da stalker ad assassino il passo era breve.
Sbuffai, ancora, scacciando una ciocca di capelli davanti agli occhi.
Lo sapevo perfettamente che in realtà avrei dovuto ringraziarlo, starmene zitta a prendermi la sua meritata ramanzina, ma proprio non ci stavo che fosse lui a farmela.
Ero uno sconosciuto, maledizione!
Lui, che era un ospite in casa mia, si permetteva di giudicare ed aggredirmi!
< L'ho visto infatti! > ironizzò.
< Oh, basta! Prenditi i miei ringraziamenti e sparisci! Ho sonno! > sbottai infastidita, alzandomi in piedi, indicando la porta.
< Tu non hai paura di me... > il suo tono era un misto d’incredulità e piacere. Non c'era una domanda implicita la sua. Era una semplice constatazione.
Si alzò a sua volta e torreggiò su di me.
Chinai lo sguardo e, di nuovo, cercai d'imporre al mio cuore un ritmo cardiaco decente.
Cercai di restare avvinghiata a quella rabbia che avevo sentito montarmi dentro prima, ma mi sfuggì di mano e così mi ritrovai indifesa davanti a lui, senza nulla a cui aggrapparmi.
Come dovevo reagire?
< No. Dovrei averne, lo so. Eppure è come se l'avessi sempre saputo che tu eri diverso. C'era qualcosa in te che mi aveva messo in all'erta dal primo momento. Certo, magari immaginavo che nascondessi qualcosa di meno...importante, ma questo spiega molte cose. > ragionai ad alta voce, assumendo un tono riflessivo.
Ecco, questo andava bene: dirottare il discorso su cose concrete, materiali era una cosa che sapevo gestire.
Ero in grado di farlo senza problemi.
Jacob alzò un sopracciglio.
Fissai il suo viso, scolpito nell'ombra della stanza, e mi persi nei suoi occhi senza fine, neri più della notte.
Questo, invece, non andava affatto bene.
Inspirai profondamente, riacchiappando il mio raziocinio, che cercava di scappare e andare a farsi un giretto.
< La tua forza. Ti ho visto cambiare la ruota bucata dello Chevy senza usare il crick... > buttai lì e lui sorrise. Sorrise davvero.
< Roba da lupi. >
< Il tuo calore. Sembra che tu abbia un febbrone da cavallo perenne. >
< Roba da lupi. >
< La tua guarigione ultra-rapida. L'altro giorno ti sei quasi affettato un dito sminuzzando la cipolla per aiutarmi –e lasciatelo dire non fanno proprio per te i lavoretti domestici!-. Due ore dopo non si vedeva più nemmeno il taglio... > zittii le sue esclamazioni di stupore con una mano alzata < Sono un'attenta osservatrice. > gli spiegai < Solo che avevo trascurato queste stranezze finora. Le avevo classificate come conseguenza di una sana e robusta costituzione, di una bella dose di esercizi fisici giornalieri e, perchè no, un cocktail di vitamine e sali minerali. >
Jacob scoppiò a ridere.
Quel suono basso e roco, che aveva emesso anche il lupo, mi riempì le orecchie come lo scrosciare di una cascata.
Il cuore rimbalzò nel petto, compiendo salti acrobatici degni di una ginnasta, ed allora capii che non era la paura a produrre quell'effetto, bensì l'attrazione.
Nonostante avessi cercato di tenerla a bada, inevitabilmente ero caduta nella sua sottile rete con tutte le scarpe.
Mi ero presa una sbandata per quel tizio, capitato chissà come nella mia vita, incasinandola non poco.
Ma uno normale mai, eh?
< Annie? > una vocina assonnata mi distrasse dai miei pensieri tutti cuoricini e angioletti armati di arco e frecce.
Mi sporsi dal corpo di Jacob e intravidi Penny sfregarsi gli occhi con i pugnetti chiusi.
< Si? > le chiesi, sperando che si riaddormentasse subito e non notasse Jacob, che con la mia figura minuta non riuscivo di certo a nascondere.
Se mia sorella avesse raccontato qualcosa alla nonna sarei stata messa in punizione...o peggio sarebbero state stappate le vecchie bottiglie di champagne, che tenevamo in cantina per le grandi occasioni, brindando ad un inesistente fidanzamento.
Rabbrividii.
< Niente. Volevo solo sapere se eri tornata. 'Notte. >
< Buonanotte cucciola. >
< 'Notte, Jake. > sussurrò lei, stringendosi di nuovo al petto il signor Rota.
Jacob si pietrificò e mi lanciò occhiate disperate.
Io alzai le spalle.
Probabilmente l'indomani l'avrebbe ricordato solo come un sogno, se fossimo stati fortunati.
< Non so se è prudente che io resti, Annie. Non voglio correre il rischio di ferirvi. > mormorò, passandosi una mano nei capelli, incasinandoli.
< Dacci un taglio con questa storia! Tu stasera mi hai salvato! Come potresti farci del male? Io non lo credo possibile, Jacob Black! Perciò se vuoi andartene faresti meglio a trovare una ragione più convincente! >
Gli presi il mento e lo costrinsi a guardarmi < Non sei un mostro. > sillabai.
< Sono il lupo cattivo, infatti. > replicò con un mezzo sorriso.
Le ombre che gli si erano addensate negli occhi sembrarono dissolversi.
Si chinò fino a sfiorarmi i capelli.
< Buonanotte, piccola. > disse, baciandomi la testa con dolcezza.
Anche le sue labbra erano bollenti...
Mi chiesi come fosse sentire quel calore sulla mia bocca e avvampai.
Chiusi gli occhi e lasciai che il mio cuore volteggiasse felice e libero come  una libellula nel petto.
Assaporai quel momento, gustandomelo appieno, incurante del fatto che avrei dovuto stroncare sul nascere quei sentimenti.
Sapevo che c'era altro.
Quell'enorme segreto, che avevo erroneamente scoperto, non era che la punta dell'iceberg.
Jake nascondeva così tanti segreti dentro di sé che, se non fossi stata sufficientemente attenta, nella vana speranza di scoprirli tutti, mi sarei schiantata contro la sua mole, colando a picco come il Titanic.
- Annabelle Wood sei proprio nei casini! -

1 commenti:

Unknown ha detto...

C’è un motivo per cui adoro Annie credo di avertelo già detto ma in questo capitolo non posso non ripetermi. Annie è un personaggio in cui tutte noi ci possiamo immedesimare. Immedesimarsi in Annie, capirla, e fare il tifo per lei viene facile e naturale come invece non succede con Bella. Ma non per colpa tua sia chiaro, è la Bella Myerana che tu hai riprodotto magnificamente in questi primi capitoli che lo rende impossibile. Bella è un personaggio , piatto, non decide niente non vive. Sta a bordo del mare e poi si stupisce se la travolge l’onda. F scelte incomprensibili, si comporta in modo assurdo. Annie non è così, li piace un ragazzo (e come fa a non colpirti Jacob Black) ma sa che è una storia impossibile e allora cerca di difendersi. Difendersi come faremmo tutte quando ci capita una storia condannata in partenza, lo eviti, chiudi gli occhi. E poi succede qualcosa che non puoi più ignorare e allora mandi tutto al diavolo e cerchi di goderti quello che viene, senza seghe mentali, senza domande. Decidi di vivere , ci sarà tempo dopo per raccogliere i cocci. Annie ha vent’anni, Annie vive davvero. Annie non si spaventa, Annie è forte lo è davvero tanto. Vede Jake trasformarsi e in qualche maniera riesce a far fronte al tutto e capisce che è inutile lottare per allontanarlo. Mi piace il rapporto che si sta delineando fra i due e secondo me ne è sorpreso anche Jake, perché non è Bella ma di sicuro ci si sta affezionando forse più di quanto credeva possibile. E ora che gli ha mostrato il lupo quel rapporto si rafforzerà ancora perché tutti i muri che si stanno costruendo intorno stanno crollando. Sono dipendente dai capitoli con loro due, li amo troppo e amo quel area di leggerezza di rinascita che Annie sembra riuscire in qualche maniera a mettere intorno a Jake anche se momentanea.

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