XXIII
- Meccanismo di Difesa-
Un gocciolare lento, intermittente, di un rubinetto rotto da
parole taglienti.
Plic.
Rimboccai le coperte a mia figlia, rannicchiata contro la
spondina della culla posta provvisoriamente in camera mia, e strinsi le
ginocchia al petto fino a conficcare le unghie sulla pelle tesa degli stinchi.
Acqua, sangue, sale, flash abbaglianti di sorrisi luminosi e
rombi di motociclette.
Tutto racchiuso in una goccia che scivolava sul mio viso,
rotolava sul dorso della mano e s'infrangeva a terra, con un tintinnio appena
udibile.
Il suono di un battito di cuore perso, di uno squarcio
nell'aorta, di uno spruzzo di sangue su uno specchio opaco, di una pioggia
d'agosto, di una carezza, di un bacio.
Plic.
Ephram si rigirò, scalciando le copertine con i piedi
coperti da calzettini minuscoli con delle buffe giraffe blu comprategli da
Ellie.
Avevo raccolto me stessa, i miei cocci sbeccati, le mie
briciole scheggiate, la mia polvere fine e li avevo trascinati in questa
stanza, armandomi di colla e pazienza.
Non era servito.
Non ero mai stata brava a rimettermi in sesto, a ricompormi
e a limare le imperfezioni.
Restavo spigolosa, incrinata, piena di crepe.
E era proprio attraverso quelle mie fenditure che il sangue
continuava a gocciolare; che le mie emozioni si condensavano in lacrime, che si
tuffavano sul tappeto arruffato dalle mie scarpe da ginnastica, disperdendosi
poi.
Plic.
Cos'era rimasto da contemplare?
Niente bellezza, niente calore, niente più abbracci e
lattine di coca cola taglienti.
-Dove siamo, Jake?
Dove ci siamo nascosti?
Dove sono i nostri
sorrisi, i nostri scherzi, le nostre giornate di sole, sudore e trigonometria?-
Cos'era rimasto da salvare?
Non avevo mai avuto la forza necessaria per trarre in salvo
me stessa, figurarsi proteggere lui.
Eppure avrei dovuto fare ammenda, percuotermi il corpo con
fruste, portare un cilicio, camminare sui carboni ardenti per mostrare
pentimento, ma neppure quello sarebbe bastato.
L'avevo coinvolto, tirandomelo dietro nella mia rovinosa
caduta.
-Dimmi che non ti sei
fatto troppo male, amore. Dimmi che, almeno tu, sei intero. Che i tuoi
sentimenti li hai recuperati dal pozzo e che li hai riportati a galla.
Dimmi che non hai
lasciato che la Bella che tu amavi annegasse. Se tu hai ucciso lei, hai ucciso
anche la mia possibilità di rinascere.
Perchè io rivivo solo
tra le sue dita, che mi modellano con precisione ed accortezza.
Conosci ogni mia
curva, ogni mia cicatrice sulle gambe, ogni mio neo. Solo tu puoi ricostruirmi.
-
Strinsi di più le dita, serrando gli occhi, sperando di
guarire in fretta come i lupi.
Plic.
Quel suo sguardo io non lo conoscevo.
Estraneo. Coriaceo. D'acciaio.
Mi ci ero buttata contro, tentando di scalfirlo a spallate,
ma era rimasto inaccessibile, trincerato dietro una lastra d'indifferenza,
dolore e risentimento.
Nei suoi occhi neri non ero riuscita a scorgere il suo
cuore.
Non ce n'era traccia.
Dove lo aveva sotterrato?
Tra i cuscini e le coperte del suo letto sfatto in casa
Black?
O forse accanto alla testa di qualcuna che non ero io?
Glielo aveva lasciato in custodia, giusto il tempo di venire qui, farmi a pezzi, conoscere i bambini e riandarsene?
Glielo aveva lasciato in custodia, giusto il tempo di venire qui, farmi a pezzi, conoscere i bambini e riandarsene?
Plic.
No, non volevo crederci.
Come aveva detto lui, ero io quella che fuggiva, che non
sapeva rimanere nello stesso posto.
Insofferente, cercavo aria, sperando però di essere seguita.
Che atteggiamento stupido e infantile.
Singhiozzai contro il ginocchio, bagnando la mia pelle di
ricordi trasparenti.
Avrei voluto poter tornare indietro, mangiarmi quel misero
foglietto sgualcito e addormentarmi fra le sue braccia.
Avrei voluto aver trovato allora il coraggio di compiere una
scelta sana con un tempismo decente, non soltanto adesso, travolta da eventi
che mi erano franati addosso, seppellendomi viva.
Avrei voluto, avrei voluto, avrei voluto...
Plic.
< Dormono? > la sua voce mi colpì alle spalle,
centrando la colonna vertebrale.
Mi paralizzai, imponendomi di respirare.
Lo vidi passarmi davanti al naso e chinarsi sulle culle,
protendendo le dita per accarezzare i piccoli.
Il suo gesto sembrava sbattermi in faccia recriminazioni al
sapore di vetriolo e acido muriatico.
"Lo vedi quanto li amo? Avevo il diritto di sapere!
Avevo il diritto di vederli nascere!"
Non serviva parlasse. Il suo silenzio sapeva essere più
eloquente.
Plic.
Coprì di nuovo Ephram e si piegò sulle ginocchia, poggiando
il mento sulle mani, e rimase immobile a guardarli, bevendosi ogni loro respiro.
Con occhi attenti seguiva il movimento della bocca socchiusa
di Ellie e quello della gambina del fratello, incapace di dormire quieto.
Li studiava, si annotava mentalmente ogni dettaglio che
riusciva a cogliere di loro in quella penombra corposa ed io non desiderai
altro che essere in grado di congelare il tempo e spendere tutta una vita in
notti tranquille come quella, in cui le mie ferite sembravano soltanto vecchie
cicatrici e il risentimento di Jake era stato lasciato al piano di sotto, insieme
alle schegge di legno del tavolo e al dente di Nathan.
Muovendomi con cautela, come se con un gesto brusco
rischiassi di infrangere la sua facciata di calma, scesi dal bordo del letto
sui cui ero accovacciata e mi inginocchiai accanto a lui.
Jacob non girò nemmeno lo sguardo. Fece finta di non vedermi
e la sua indifferenza mi ferì.
Potevo accettare la rabbia, l'odio, il rancore...ma quella
sua mancanza di attenzioni, di interesse, mi fece sentire invisibile. Inutile.
Superflua.
La piccola Elizabeth sospirò nel sonno e Ephram, quasi in
risposta, sorrise.
Mia madre diceva sempre che se un neonato sorrideva mentre
dormiva stava di sicuro sognando gli angeli.
Repressi un singhiozzo e mi liberai dell'ennesima lacrima
che mi solleticava lo zigomo.
Quel mutismo mi stava angosciando e si espandeva nell'aria,
avvolgendo il mio corpo come una coperta di lana ispida che mi sottraeva
l'ossigeno.
< Jake... > lo chiamai, sperando che si girasse e mi
degnasse di un briciolo d'attenzione.
Il mio appello cadde a terra con un tonfo, come se ogni
lettera fosse rivestita di piombo.
Lui non si mosse, ma contrasse la mascella.
< Jake... > riprovai, testarda.
Serrò i pugni sotto il mento con uno schiocco.
< Cosa vuoi? > sputò infine.
- Te. -
< Io...solo dirti che...ho avuto paura. Se me ne sono
andata quando volevo restare è stato per paura. Ho il brutto vizio di fuggire a
causa della mia insicurezza. E' un contorto meccanismo di difesa che ho
sviluppato e... > stavo parlando a vanvera.
Farneticavo frasi senza senso, soltanto per riempire il
vuoto e tentare di giustificarmi, per quanto sapessi che non sarebbe servito.
< Difesa da cosa, Bells? >
Annaspai.
Mi aveva davvero chiamata Bells?
Potevo considerarlo un passo avanti? Uno spiraglio di luce
in fondo al fantomatico ed interminabile tunnel nero?
Mi aggrappai a quella evanescente speranza con tutte le mie
forze.
< Da te. >
< Da me? > alzò un sopracciglio, sardonico, senza
tuttavia voltare il capo.
< Sì. Io...io ero spaventata a morte, Jake. Non sapevo
come gestire tutti quei dannati sentimenti che mi assalivano in massa ogni
volta che ero con te. Passione, rabbia, dolore... Mi sentivo impreparata e
stupida. Inadeguata! >
< E sei scappata per andarti a sposare col succhiasangue
perchè ti sentivi IMPREPARATA? > sottolineò l'ultima parola, sibilandola a
denti stretti.
Chiuse gli occhi e tentò di placare il tremito delle dita.
Così come si era accesa, quella pallida luce di speranza si
spense in una voluta di fumo nero, come la fiammella debole di una candela soffocata
da un paio di dita bagnate.
Annuii, incapace di ripescare la voce dal fondo della gola.
Lui sembrò cogliere il mio movimento anche se non ero certa
mi stesse osservando.
< Porca puttana, ma cosa credevi fosse?
Un'interrogazione? > si alzò di colpo, con un movimento fluido,
allontanandosi da me. < Che cazzo dici, Bella? Da quando in qua ci si
prepara all'amore? Non ti danno un fottuto libretto di istruzioni da studiare
prima! >
Udii i suoi denti stridere e il respiro accelerare.
Ricominciai a piangere in silenzio, vergognandomi della mia
debolezza.
Aveva ragione lui su tutto.
Ma io non sapevo gestire i sentimenti, ero alle prime armi
con quel complesso mondo e non facevo altro che incespicare negli sbagli che
seminavo alle mie spalle.
Come potevo tenere tra le mani un fuoco, quando, al massimo,
avevo accarezzato una manciata di ghiaccio?
< Lo...lo so. Ho realizzato troppo tardi quello che
provavo, ma quando sono venuta da te, tu eri già... >
< Hai detto bene. TROPPO TARDI! > mi zittì e un
ringhiò gli rimbombò nella cassa toracica. < E asciugati quelle cazzo di
lacrime. Io non ho più intenzione di farlo. > soffiò contro il mio orecchio,
prima di sparire di nuovo, così come era venuto.
La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo attutito ed
io mi afflosciai su me stessa, svuotata d'ossigeno, sangue e amore.
Elizabeth mi stava sbavando la spalla con le sue bollicine
di saliva e sporcando così la sua tutina arancione con i coniglietti.
Sorrisi con tenerezza, accarezzandole la testolina mora e
bussai impaziente in casa Gray.
Dopo una nottata solitaria, spesa a piangere tutte le
lacrime che avevo accumulato in nove mesi di lontananza da Jake, avevo bisogno
di sfogarmi con la mia migliore amica.
Scorsero un paio di minuti prima che udissi un ciabattare
strascicato aldilà del massiccio portone, dietro cui comparve la faccia
assonnata e pallida di Nathan.
Mi salutò con un sonoro sbadiglio, che mi diede modo di fare
una panoramica delle sue tonsille, e mi lasciò entrare, quasi riappisolandosi
sul pomello.
Scoppiai a ridere e lui mi squadrò interdetto, strofinandosi
gli occhi.
< Che c'è? > domandò con una voce d'oltretomba.
< Sembri uno zombie! > gli risposi, cambiando spalla
su cui era appoggiata mia figlia.
< Vorrei vedere te! > replicò lui stiracchiandosi <
Quei due hanno fatto così tanto casino che temevo avessero demolito la stanza.
Nemmeno i tappi per le orecchie di mia madre sono serviti a niente. > sbuffò
ed io risi delle sue smorfie, tentando di capire di chi stesse parlando.
Che Lilian avesse trovato un nuovo spasimante?
Non mi sarei stupita, dato che era ancora una bella donna e
si portava in maniera stupefacente i suoi anni, persino meglio di Renèe.
Magari era un bel giovanotto pieno di vitalità. Andavano
tanto di moda ora i "toy-boy", no?
Ellie mi avevano spiattellato ogni genere di gossip in tal
senso per tutta la settimana che ero rimasta ricoverata in ospedale.
< Vado da tua sorella. E' sveglia, vero? > gli
domandai, sorpassandolo velocemente, diretta al piano superiore.
Avevo scorto per caso il buco nella sua arcata dentaria e i
sensi di colpa aveva ricominciato a mordermi lo stomaco.
< Ti ho detto che non ha fatto chiudere occhio a me, come
credi che abbia potuto dormire lei? > mi gridò dietro, svenendo poi sul
divano.
Ma che diavolo ... ?
Non voleva forse dire che...
Volai sù per le scale col cuore a tremila e, facendo finta
di non leggere quel cartello perennemente appeso alla maniglia con su scritto
"Non disturbare. Ho meglio da fare che starti a sentire", spalancai
la porta, lasciando quasi cadere Elizabeth per lo stupore.
Oh. Merda.
Volsi lo sguardo per tutta la stanza disseminata di vestiti
come non l'avevo mai vista -Ellie riponeva in modo maniacale i suoi abiti- in
cui troneggiava la scrivania inclinata da un lato.
Sembrava che fosse passato un tornado da quelle parti; una vera tromba d’aria mulinante.
Rabbrividii, individuando le carte di troppi preservativi che non volli contare, e posai, infine, gli occhi su di loro.
Erano entrambi coperti solo da un lenzuolo semi-trasparente e mi fissavano con una faccia sconcertata e imbarazzata.
Sembrava che fosse passato un tornado da quelle parti; una vera tromba d’aria mulinante.
Rabbrividii, individuando le carte di troppi preservativi che non volli contare, e posai, infine, gli occhi su di loro.
Erano entrambi coperti solo da un lenzuolo semi-trasparente e mi fissavano con una faccia sconcertata e imbarazzata.
Oh. Merda.
< ELLIE! MA TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO? POTRESTI
FINIRE IN CARCERE PER PEDOFILIA! SETH HA SEDICI ANNI! > gridai isterica,
sull'orlo di una crisi di panico.
< Grazie, eh, Bella! > il diretto interessato incrociò
le braccia muscolose al petto con irritazione e mi lanciò un'occhiata
furibonda, che mi avrebbe anche potuto far ridere in un altro contesto.
La mia amica, dal canto suo, entrò in stato di shock.
Batteva intermittente le palpebre e stringeva convulsamente
il lenzuolo tra le dita, con la testa ciondolante.
Seth ebbe il buonsenso di rinfilarsi i boxer sotto le
coperte e sgusciare fuori dal letto più veloce che gli riuscì, senza inciampare
nei suoi stessi abiti.
Ellie si riscosse proprio in quel momento.
Si allungò verso il pavimento, afferrò uno dei suoi sandali
tacco 18 color acquamarina di Chanel e glieli lanciò contro con un grido che
avrebbe reso fiero Tarzan.
Lui si abbassò appena in tempo e la scarpa cozzò contro il
muro viola della stanza.
Si chiuse rapido la porta alle spalle e corse in bagno per
non rischiare di far venire un infarto a Lilian, che sicuramente stava ancora
ronfando nella sua stanza.
Io ed Ellie rimanemmo sole e ci limitammo a fissarci l’un l’altra per una decina di minuti buoni.
Io ed Ellie rimanemmo sole e ci limitammo a fissarci l’un l’altra per una decina di minuti buoni.
Lei era nel panico. Lo intuivo dal modo in cui l'angolo
della sua bocca continuava a guizzare verso l'alto, come se avesse un tic, e da
come lisciava pieghe inesistenti del lenzuolo.
Mi sedetti sul bordo del suo letto matrimoniale a
baldacchino -le bellissime ed inconsistenti tende fucsia erano ridotte un
ammasso informe che si srotolava per la stanza come un serpente chilometrico- e
le toccai un braccio.
< Sono. Andata. A. Letto. Con. Un. Minorenne. >
sillabò con voce sognante, di chi non ha tutte le rotelle al posto giusto.
I suoi occhi erano spiritati.
< Quante volte? > le domandai sospirando.
Ellie tossicchiò un qualcosa che mi sembrò “sette” ed io
spalancai la bocca incredula.
La mia amica si strinse nelle spalle.
< Che ci posso fare? La prima volta è stata un disastro.
Sarà durato un minuto a dir tanto, perciò si è impuntato finchè non mi ha
dimostrato che sapeva far di meglio...e fidati: ci sa fare. > dichiarò
affranta, passandosi una mano in mezzo ai capelli.
< Ellie...io...non so se dovrei dirtelo ma... > presi
fiato e cullai mia figlia, che si stava agitando. < Il miglior sesso della
tua vita l'hai fatto...con un vergine... >
Lei crollò di schianto sulla testiera del letto, quasi
singhiozzando.
< Vergine! Ti rendi conto, Belle? Accoppiata peggiore non
poteva esserci! Ariete-vergine! Un disastro astrologico... >
Le scoppiai a ridere in faccia. Lei e la sua assurda fissazione
sui segni zodiacali! Possibile che fosse un'acuta e attenta osservatrice solo
quando psicanalizzava me e quando, invece, c'era in ballo lei stessa fosse più
scema di un ippopotamo -senza offesa per gli ippopotami, ovviamente-.
< Ellie...io intendevo vergine nell'altro senso. >
alzai un sopracciglio con fare eloquente ed Elizabeth, tra le mie braccia,
emise un vagito, come di approvazione.
La mia amica scivolò sul materasso e si coprì la faccia col
lenzuolo, scalciando isterica.
< No! No! No! > strillò contorcendosi.
Io risi e mi lasciai acchiappare un dito da mia figlia.
Dopo quasi un quarto d’ora di urla e strepiti, in cui
temetti che le si lesionassero le corde vocali, Ellie riemerse paonazza e con
uno sguardo assassino in faccia.
< E' colpa tua! Avresti dovuto avvertirmi! > mi
rimproverò.
Ovvio che scaricasse la colpa su di me. Su Seth non
poteva...anche se immaginavo che lui l'avrebbe comunque pagata in qualche modo.
< Come facevo a sapere che ci saresti andata a letto?
> le chiesi, soffocando le risate.
Non aveva idea dell'impiccio in cui si era cacciata.
Il fatto che Seth avesse sedici anni e fosse vergine era
solo la puna dell'iceberg. Le sarebbero venuti i capelli bianchi una volta
saputo del suo alter ego a quattro zampe.
< Oh, andiamo Belle! Ma l'hai visto? Come si fa a
resistergli ad uno così? Se lo scoperebbe pure mia madre -per quanto la sola
idea mi faccia ribrezzo-. E poi ha carattere! Mi tiene testa invece di
stendermi un tappeto rosso dove cammino! Lo cerco da una vita uno come lui e
poi scopro che è minorenne e vergine. Ma che male ho fatto? > crollò di
nuovo sui cuscini, sospirando costernata.
Elizabeth emise versetti buffi, guardando ammaliata le
calamite a forma di farfalle che la mia amica aveva applicato sui pali in ferro
del letto come abbellimento.
< Mi spieghi perchè diavolo sembra un venticinquenne?
> mi domandò curiosa, arraffando un reggiseno azzurro e allacciandoselo
male, come al suo solito.
< Te lo dirà lui, ma tu prometti di non farti venire una
crisi isterica. >
< Cosa ci può essere di peggio? > sbuffò e si legò i
capelli in una coda bassa laterale, infilandosi anche un paio di mutande
scoordinate.
< Lasciamo perdere questa...catastrofe, dopo cui penso
che valuterò seriamente la vita di clausura... Come è andata a te? > mi
chiese, guardandomi in tralice, mentre infilava una tuta comoda.
Le tesi mia figlia, che Ellie fece subito volteggiare in
aria contorcendo il viso in smorfie divertenti, e fu il mio turno di
accasciarmi sul suo letto.
< Così male da affossarti nel mio materasso anatomico? Tu
lo odi, Belle. Dici che è troppo mollo. > notò lei, sedendomisi accanto.
< Spero che si chiuda a libretto e mi ingoi. >
borbottai, di nuovo sull'orlo delle lacrime.
< Ti ha aggredito, eh? > intuì, cullando la sua
piccola omonima con dolcezza.
< C'era da aspettarselo. D'un tratto è venuto a sapere
che non mi ero sposata, ero incinta e avevo dato alla luce non uno, ma ben due
suoi figli. Come ti sentiresti tu? > tirai su col naso, spalmandomi una mano
sulla faccia.
< La butto lì: incazzata nera? >
Annuii.
< E' stato molto...cattivo? > mi prese una mano con
fare confortante, reggendo la bambina con un solo braccio.
< Mi sono sentita morire, Ellie. Ogni parola è stata una
coltellata. Lui ha ragione su tutta la linea e io infatti non ho quasi obiettato
nulla, ma... > le lacrime scorrevano lungo le tempie, fino a scivolare nei
capelli e a bagnare il lenzuolo sfatto del suo letto.
< Ma? > mi incoraggiò lei, stringendo di più la presa
e rovistando con gli occhi la stanza, cercando la scatola di kleenex che teneva
sempre sul comodino per i pianti incontrollati che mi ero fatta durante la
gravidanza.
< Ha detto anche che non mi ama più. > lasciai che
quelle parole mi ustionassero la gola senza opporre resistenza.
Sputarle fuori equivaleva a ingoiare un litro d'ammoniaca.
La gravità di quell'ammissione mi stava avvelenando di
nuovo, immettendomi in circolo tossine estranee, che rosicchiavano mordacemente
i miei organi.
Avevo evitato di rimuginare su quella frase fino a quel
momento, sperando che, così facendo, prima o poi l'avrei dimenticata e
l'avrebbe fatto anche lui.
Ma il suo tono non me l'ero sognato e quello non era un
altro dei miei incubi.
Avevo rovinato tutto, in modo definitivo e irreparabile,
senza l'aiuto di nessuno.
Tutta opera mia.
Ero stata regista, sceneggiatrice, produttrice e attrice
della mia scadente tragedia personale.
Jake e Bells erano sopravvissuti a mostri, magie, cadute da
motociclette e distanze, ma non a questo.
Non erano stati abbastanza forti, o perlomeno io non lo ero
stata e lui si era stancato di esserlo per entrambi.
Il suo amore, per quanto tenace, aveva gettato la spugna.
- Complimenti, Bella.
Beccati i pomodori in faccia del tuo pubblico deluso, amareggiato e incredulo e
rintanati in un cantuccio, pregando di diventare uno scarafaggio. -
< No! Non ti ci azzardare! > Ellie mi passò un
fazzoletto e mi costrinse a mettermi seduta.
< A fare cosa? > chiesi, soffiandomi sonoramente il
naso.
< A buttarti di nuovo giù! Sicuramente è una frase che
lui ha detto per ferirti, tanto quanto tu hai ferito lui, facendogli sempre
credere di non essere abbastanza per te. Perciò adesso devi stare zitta e
subire, farlo sfogare e intanto dimostrargli il tuo amore nei suoi confronti e
nei confronti dei vostri bambini. Almeno per loro devi farlo. Non puoi
permetterti nuovi cedimenti. >
Il suo sguardo duro non lasciava scampo.
Controvoglia annuii e ripresi tra le braccia mia figlia,
bagnandole il viso di lacrime.
Lei si strofinò i pugnetti chiusi sul faccino.
< Andiamo da te. La signorinella deve essere cambiata, non senti l'odore? > Ellie si tappò il naso scherzosamente e mi strappò un
sorriso.
Mi abbracciò ed in quel momento la porta della sua stanza si
socchiuse.
Seth fece capolino dallo spiraglio che aveva aperto.
< Ehm...non è che potrei riavere i vestiti? Non vorrei
rimanere chiuso in bagno tutto il giorno. Prima o poi servirà a Lilian e...
>
< Dici che esce in boxer in giardino se glieli butto
dalla finestra? > mormorò Ellie rivolta a me con un sorriso beffardo.
Scoppiammo a ridere insieme e di colpo la mia vita non mi
sembrò poi così disastrosa.
Forse solo un po'.
Forse potevo ancora dargli un'assestata, se Ellie mi
rimaneva accanto.
Quando misi piede in casa trovai mia madre che cambiava
pannolino a Ephram che, non stando fermo, si era fatto mettere il borotalco fin
sotto il mento, starnutendo sonoramente.
Accanto a Renèe c'era Jake, che studiava morbosamente ogni
sua mossa, imprimendosela nella testa.
Mi morsi le labbra, avvicinandomi a loro.
Lui sollevò gli occhi su di me e mi sembrarono meno freddi,
meno inavvicinabili.
Forse la presenza dei bambini mitigava la sua durezza nei
miei confronti.
Elizabeth piangeva stretta a me e suo padre tese le braccia
per prenderla e imitare tutti i gesti che Reneè aveva compiuto su Ephram.
Con una ruga di concentrazione tra le sopracciglia sganciò i
bottoncini minuscoli del body e poi le alette adesive del pannolino.
Alle mie spalle, Ellie mi diede una spintarella,
incoraggiandomi ad avvicinarmi.
Titubante compii due passi nella sua direzione.
Mia madre sollevò tra le braccia il mio campione e lo portò
nell'altra stanza, scortata da Seth e Ellie, lasciandoci così soli.
Vidi Jacob in difficoltà, di fronte al pannolino sporco,
così gli passai le salviettine umidificate e la crema contro l'arrossamento.
Lui pulì Elizabeth impacciato e s'impiastricciò le mani di
pomata, sbuffando infastidito.
Prendendo una generosa boccata d'aria, lo scansai giocosa
con un colpo di bacino e cambiai, con gesti precisi e attenti, il pannolino in
un paio di minuti.
Lui mi osservò basito.
< Dote naturale di madre. > feci spallucce e presi tra
le braccia la piccola, guardando poi l'ora.
Doveva avere fame.
< Ti guadagni tre anni con questa tua nuova capacità.
> lo sentii mormorare.
Mi voltai verso di lui, incredula, col cuore che rimbalzava
nel petto come la pallina impazzita di un flipper, e mi avvicinai.
< Cosa hai detto, Jake? > gli chiesi.
Mi parve di veder crollare qualche frammento di cemento di
quel muro che si era eretto intorno.
Le sue iridi stavano lentamente tornando di quella calda
tonalità nera che ben conoscevo.
Da qualche parte c'era ancora il mio Jake, quello disposto
ad accettare la Bells difettosa di sempre.
Nonostante due figli potevamo essere ancora noi.
< Che ti concedo tre anni in più. > soffiò,
sospirando.
Alzò una mano e la portò vicino alla mia testa, ma prima che
potesse anche solo sfiorarmi, la lasciò cadere di nuovo, irrigidendosi poi.
Voltò la testa di colpo e si diresse alla porta con grandi
falcate, tremando.
< Stà dietro di me, Bells. > m'intimò, usando,
probabilmente sovrappensiero, il mio soprannome abituale.
Alle mie spalle udii i passi frettolosi di Seth, che
accorreva e si parava al mio fianco.
Sondai la sua faccia contratta per cercare di capire, ma i
suoi occhi erano eloquenti quanto le spalle di Jacob.
Lui mise una mano sulla maniglia e, nel momento in cui il
campanello trillò, aprì con uno scatto il portone, ringhiando contro l'ospite.
< Che cazzo vuoi? Vattene! Non sei la benvenuta! >
Mi sporsi dietro la sua schiena e rimasi sconcertata per la
seconda volta, nell'arco di un paio d'ore.
Sull'uscio della villetta di mia madre si stagliava la
sagoma da folletto inconfondibile di Alice.
2 commenti:
Jake! Oh, Jake! Dacci dentro e falla riprendere!
Ahahha :D
Capitolo splendido, as always. Non vedevo l'ora di leggerlo, e grazie per la splendida sorpresa!
Il tuo modo splendido di scrivere m'invoglia un sacco a farlo a mia volta, lo sai.
Mi è piaciuto molto vedere la corazza di Jake iniziare ad essere scalfita, ovviamente Ellie e Seth sono favolosi x° E il colpo di scena finale con Alice... Lo aspettavo da un po', mi chiedevo proprio quando si sarebbero fatti di nuovo vivi i nostri amici vampiri! (che poi "vivi" è un eufemismo lol)
Non vedo l'ora di leggere il prossimo mon amour *_* <3
Ne è valsa la pena aspettare un pò per questo capitolo!!
Anche se, per tua generosa concessione, l'abbiamo avuto anche prima del previsto!!! Grazie grazie grazie!
Le dinamiche di questo capitolo sono mooooolto interessanti: adoro il modo in cui hai caratterizzato Jake. D'altronde, sarebbe da sciocchi perdonare immediatamente Bella dopo tutto il dolore che Jake ha dovuto sopportare a causa sua. E forse, un pochino, Bella lo merita. Comunque, Jake che ama Bells esiste ancora, in fondo. Ha solo bisogno di un pò di tempo. Come sempre capitolo meraviglioso, le emozioni dei personaggi si riversavano naturalmente in me, permettendomi di comprenderli a fondo. E questa tua capacità, ti assicuro, non è una cosa facile!
Lo sapevo che Seth ed Ellie avrebbero fatto scintille: oddio sono fantastici insieme!! E cosa sarà qualche annetto di differenza!! Non vedo l'ora che anche Ellie venga sapere tutta la verità, anche se credo che probabilmente ci stiamo avvicinando visto come hai finito il capitolo......Cioè: Alice!!! Cosa ci fa qui??? Avrà avuto qualche visione di Bella?? O, al contrario, non l'avrà vista per niente e quindi voleva assicurarsi riguardo la sua incolumità?? O, ancora, sarà venuta per conto di Edward?? Spero che le mie domande troveranno risposta nel prossimo capitolo!!!
Al prossimo capitolo, allora!!
Baci, Nalu :D
<3 Jake e Bells <3
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