XXII
- Resa dei conti -
< Jake... >
Odore di terra calpestata, di erba strappata e bile nelle
vene.
Odore di lacrime ingoiate, di lame d’acciaio affilate e di
sangue ferroso che scorreva copioso.
Odore di pelle tatuata, di mani infangate e sorrisi
infranti.
Odore di casa.
Odore d’amore.
< Jake... >
Occhi minacciosi, nient’altro che due buchi scavati sul
viso.
Occhi arrabbiati, nient’altro che pozzanghere di catrame in
ebollizione.
Occhi sofferenti, nient’altro che geyser di dolore che
implodevano.
Occhi innamorati, nient’altro che cuori marcenti che
pulsavano faticosamente.
< Jake... >
Stridore di denti, di ossa che si rinsaldavano e di altre
che si spezzavano.
Schiocco di articolazioni che scattavano, di nocche che
picchiavano duro e di molari che rotolavano a terra.
< Nathan! Dio mio, stai bene? > Ellie corse verso il
fratello, crollato in ginocchio dopo il pugno ricevuto in bocca.
Lui sputò un fiotto di sangue e guardò in cagnesco Jacob,
controllando che mia figlia fosse illesa tra sue braccia.
Fissai la scena immobile, gelata, accartocciata su me
stessa.
Annientata.
< Che diavolo fai? Sei scemo? > la mia amica inveì
contro Jake, spintonandolo.
Nei suoi occhi fiammeggiò un guizzo di ira pura. Serrò le
mani, facendo illividire le dita, e poi le riaprì, inspirando profondamente.
I tremori del suo corpo non accennavano a diminuire e la
mascella restava contratta.
Scivolai più giù, ingoiando il torto.
Altro sangue sparso per colpa mia.
Altri innocenti feriti a causa mia.
< Nat, dammi la bambina e andiamo di là! > Ellie
trascinò via per una manica il fratello, poichè quello sembrava intenzionato a
dare una lezione a Jake.
Elizabeth, tra le braccia di sua zia, scoppiò a piangere,
aumentando le convulsioni che scuotevano il corpo di Jacob.
Mosse un passo verso di me, ma io ebbi l’impressione che,
invece di diminuire, la distanza di noi aumentasse vertiginosamente.
Lontani chilometri che, tuttavia, potevano essere annullati
allungando un dito.
- Eccoci quindi, amore
mio. Lo senti il campanello? E’ la nostra resa dei conti. Che abbia inizio il
primo round. -
Se un giorno mai mi rivedrai,
fai finta che non sia cambiato niente, o poco niente, a parte noi.
Ephram continuava a sonnecchiare, scalciando di tanto in tanto, e, infine, attirò l’attenzione di suo padre con un sospiro.
Jacob guardò il bambino e lo riconobbe all’istante come suo.
Vedevo il suo cuore riemergere dal pantano d’odio in cui era
affogato e riprendere a battere forte, vigoroso, bollente.
Respirò, cacciando fuori l’ossigeno come se gli fosse
superfluo, e io lo imitai, rilasciando l’aria che avevo intrappolato nei
polmoni fino quasi a farli scoppiare.
Fingere non era più possibile.
Non ero più cieca, fermamente convinta di amare Edward e la
sua perfezione.
Ora sapevo da quale parte spirava il vento, quale scia seguire,
quale mano afferrare.
La sua.
< Jake... >
Lo guardavo con occhi diversi, con occhi consapevoli,
finalmente cosciente dei miei sentimenti, ma questo non mi rendeva migliore
alla sua analisi attenta ed accusatrice.
< Bugiarda!
Colpevole! > gridavano le sue iridi taglienti, acuminate, assetate del
mio sangue.
Voleva farmi a pezzi, lo sapevo: lo stesso numero in cui io
avevo ridotto lui innumerevoli volte.
- Avanti, Jake,
colpisci per primo. Spediscimi al tappeto.
Non ho paura. So di meritarmelo. -
Si chinò, inginocchiandosi accanto a me, e protese una mano
ancora tremante verso il faccino rilassato di Ephram.
Con l’indice gli sfiorò il pugno, che il piccolo teneva in
bocca, e poi risalì verso il naso e le guance paffute e rosee.
Senza nemmeno chiedermi il permesso, alla fine, me lo tolse
dalle braccia e se lo strinse al petto caldo e nudo come al solito.
S’immobilizzò, con il corpicino minuscolo di suo –nostro-
figlio che tra le sue dita sembrava scomparire, e gli sussurrò qualcosa che non
riuscii ad udire.
Il suono del mio cuore martellante era troppo violento:
sovrastava tutto il resto e destabilizzava la mia vista, rendendola instabile
come fosse l'obiettivo di una telecamera sbalzata qua e là.
Di scene come questa ne avevamo già vissute io e lui, solo che
ora gli avevo rubato il ruolo.
Ero io quella che attendeva il colpo di grazia e lui era il
mio amato carnefice.
-Dio, quanto ti amo.-
Che se un giorno mai, un giorno mai, sorriderai
in quello stesso istante un cielo a pezzi cadra' su di noi.
Il viso di Jake si aprì in un sorriso stentato, pallida caricatura di quello dei tempi in cui rovistava fra i rottami della discarica disseppellendo pezzi di motore arrugginiti, ed io non vidi giungere il colpo.
Il primo pugno arrivò, quindi, con precisione chirurgica al
viso, facendomi voltare la testa di lato e sanguinare copiosamente.
< Mio figlio... > gli sentii dire e vomitai altro
sangue a terra, graffiando con le unghie spezzate il rivestimento, ormai macchiato,
del ring.
Quella scena mi rendeva felice ed orgogliosa, ma, allo
stesso tempo, faceva desiderare di morire.
Non ero riuscita a vincere contro il mio egoismo, alla fine.
Non c'era incontro in cui avessi la speranza di spuntarla; nemmeno contro me
stessa, dove si supponeva potessi combattere ad armi pari.
Come potevo anche solo illudermi, perciò, di uscire viva
dallo scontro con Jacob?
Umiliato, privato di vita e della gioia di diventare padre,
adesso si vendicava su di me, imprimendo nei colpi tutto il suo risentimento.
Avrei dovuto farglielo sapere.
Avrei dovuto trovare il modo di informarlo dei gemelli.
Aveva il diritto di decidere se essere padre oppure no. Io
avevo scelto anche per lui, vestendo i panni di un arbitro corrotto.
L'ago della bilancia, quando ero io il giudice, pendeva
sempre troppo dalla mia parte.
< Come...si chiama? > mi domandò e anche le mie
orecchie sanguinarono, al suono roco di quella voce che avevo bramato di
sentire per nove infiniti mesi.
Mi sforzai di acciuffare le parole dalla trachea, dove si
erano conficcate come schegge fastidiose.
Il suo sguardo mi accarezzava indifferente.
Non gl'importava nulla di me. Soltanto del bambino che
teneva tra le braccia e cullava amorevolmente.
< Ephram Cal. > risposi infine e Jake alzò un sopracciglio
ironico.
< Se l'avessi chiamato Ephraim mi avresti rimproverato di
avergli dato un nome da matusalemme e... > mi zittì con un'occhiata
glaciale.
Gelai e sputai ancora grumi sangue rappreso sul ghiaccio
attorno a me.
< Cosa t'è passato per la testa quando gli hai appioppato
Ephram come primo nome posso intuirlo, ma il secondo a cosa è dovuto? > non
c'era curiosità nel suo tono.
Sembrava più un'accusa.
Di sicuro mi aveva sfilato la toga nera e sottratto di mano
il martelletto senza che me ne accorgessi, poichè ora era lui a processare me
senza lasciarmi il tempo di imbastire un'arringa appena decente.
Avvampai.
< A...a niente. E' il primo che mi è venuto in mente
quando me lo hanno chiesto. > borbottai, strisciando indietro, fuori dalla
portata di un suo eventuale sinistro.
< Mi stai dicendo che hai dato a mio figlio un nome a
caso, Bella? >
Mio figlio, non nostro.
Bella, non Bells.
Furono due calci consecutivi all'addome quelle parole e mi
fecero piegare su me stessa. Altro sangue scivolò sulle mie labbra spaccate.
Storse il naso e nel fondo delle sue iridi mi parve di
scorgere un baluginio lontano, come di scherno.
Sbuffò.
< Potevi almeno andare in ordine alfabetico e chiamarlo
Aaron! > e mi parve che gli angoli delle sue labbra si piegassero appena
all'insù.
Chinò la testa e tornò a fissare il bambino con sguardo
ammaliato, dimenticandosi della mia presenza.
Mi strofinai gli occhi, che bruciavano per le lacrime
bollenti che non riuscivo a versare e rimasi in attesa di un suo altro gesto
in apnea.
Quel che vedeva di me non era altro che una costruzione
frettolosa e superficiale, eretta in fretta con pezzi malamente impilanti che
non s'incastravano tra loro.
- Avanti, amore, butta
giù quest'orrido edificio di mattoncini in plastica sbiaditi. -
< La piccola, invece, come si chiama? >
< Elizabeth Sarah. >
Alzò gli occhi su di me e sotto il primo strato di carbone
individuai le braci sprizzare scintille.
Mi sentii in dovere di giustificarmi, alzando le mani per
parare eventuali nuovi attacchi.
< Mi sembrava un bel gesto e pensavo che tu...tu
avresti...saresti... >
Jake assentì senza aspettare che concludessi.
< Sì, va bene. >
Tremai.
Quel suo tono pacato mi dava i brividi. Era solo il
preludio.
Una melodia serena di dolci noti inquietanti che era, però,
destinata ad impennarsi su suoni striduli, acuti ed agghiaccianti.
Una serenata di morte, un requiem per accompagnare il mio
cadavere trasportato via dal ring da una barella di fortuna.
< Chi cazzo era quel coglione a cui ho fatto saltare i
denti? > mi domandò di colpo, serrando la mascella.
Il muscolo teso guizzava sulla sua guancia, tuttavia non mi
guardò.
Continuò a cullare Ephram, come se compiere quel gesto lo
trattenesse dall'ammazzarmi di botte, mentre sul soffitto sopra di noi si
aprivano crepe striscianti.
< Nathan, il fratello della mia migliore amica. >
replicai monocorde, sapendo perfettamente che stava incanalando rabbia per
rovesciarmela addosso.
Ogni inspirazione era una nuova dose di veleno che gli
corrodeva i polmoni.
< Sarebbe il tizio di turno che ti scopi e che i miei
figli dovrebbero chiamare "papà" per sei mesi al massimo, prima che
tu te ne stanchi? > sputò e gli occhi si ridussero a due fessure.
Boccheggiai e le mie difese vacillarono.
La ginocchiata tra le costole arrivò precisa, incrinandone
qualcuna.
Si portò una mano tra i capelli, stringendo qualche ciocca
tra le dita.
< Come puoi pensare una cosa del genere? Nat è un amico!
Non l'ho mai neppure sfiorato! > esclamai accorata.
Volevo che mi guardasse in faccia e che capisse che non gli
stavo mentendo.
Non mi aveva vista a pezzi quando ero stata abbandonata da
Edward?
Come poteva pensare che avessi potuto consolarmi con un altro
mentre nel mio grembo crescevano i NOSTRI bambini?
Da quando ero scappata l'avevo amato ogni singolo giorno.
Ogni singolo giorno dopo avergli spezzato il cuore.
Un po' tardi, probabilmente, ma io e il tempismo non eravamo
mai stati in buoni rapporti.
L'avevo sempre fatto aspettare, quindi avevo supposto che mi
conoscesse.
Ma, di sicuro, si era stufato di passare ore a battere un
piede con nervosismo e a scrutare le scale in attesa che scendessi. Potevo
capirlo.
Chiedevo solo un'ultima chance: l'opportunità di essere
puntuale, per una volta.
< E dovrei crederti? Tu sei quella che abbindola gli
uomini e poi li scarica, lasciandoli con un cazzo di foglietto di scuse o con
decine di invitati ad un matrimonio andato a puttane! >
Le sue braccia avevano ripreso a tremare, svegliando Ephram.
Il piccolo guardò spaurito suo padre e lo fece specchiare
nei suoi stessi occhi, che sembrava avergli strappato.
Jake per un attimo vacillò, ma poi continuò il suo attacco.
Una gomitata sulla schiena, altre costole incrinate e una
pozza di sangue che si allargava sotto le mie dita.
- Finiscimi, amore
mio, avanti. -
Rantolai e lui serrò le dita della mano, con cui non reggeva
il bambino, sul ginocchio.
< E come se non bastasse poi vengo a scoprire che sei
pure incinta. QUANDO CAZZO AVEVI INTENZIONE DI DIRMELO? QUANDO FOSSERO STATI
MAGGIORENNI? >
Un dritto, un montante sotto il mento.
- Dio quanto male ti
ho fatto, Jake. Scusa. Scusa, se anche dopo tutto questo tempo ancora non
riesco a smettere. -
< Ehi, ragazzi... che ne dite di darmi il piccolo Ephram
e di calmarvi un po'? >
Dalla fessura dei miei occhi pesti, gonfi e violacei, vidi
Seth avvicinarsi cautamente, passando lo sguardo prima su di me a terra, livida
e a pezzi come una bambola rotta, e poi su Jacob, furioso, sconvolto e che
reprimeva a stento il lupo.
Non avrebbe mai fatto del male a suo figlio, lo sapevo, ma
non era comunque prudente che il piccolo rimanesse tra noi.
Non volevo che le sue orecchie ascoltassero grida e
improperi, invece di dolci parole d'amore e affetto.
Non doveva dubitare nemmeno per un secondo di non essere
stato voluto.
Non capiva assolutamente nulla di ciò che suo padre mi stava
vomitando addosso, era vero, ma certi ricordi tendono a imprimersi nelle menti
fresche dei neonati più di altri ed io non volevo che quella scena drammatica
gli rimanesse in testa e lo marchiasse a vita.
Seth tolse Ephram dalle braccia incandescenti di Jacob ed il
mio bambino aprì bocca ed emise una protesta alquanto esplicita, esibendosi in
un acuto degno di una cantante lirica.
Dov'era il mio amico quando eravamo rientrati tutti in casa?
Cosa aveva fatto fino a quel momento? E Nathan? Come stava?
Ellie che combinava?
Per un solo secondo riuscii a pormi decine di domande come
quelle, poi le vidi fuggire lontano dalla mia mente, mentre Jake si alzava e si
passava le mani febbricitanti sul viso sudato più e più volte.
Non ho piu' niente da portarti se non tutto il mio rancore,
con tutto l'odio che ho da dire nascondessi le parole dette a denti o
pugni stretti,
che trattengano il rumore di tutto l'odio che ho da dire.
Ma scrollarsi di dosso l'odio ed il risentimento non era come asciugarsi un po' di sudore.
Non venivano via a gocce salate.
Restavano appiccicati alla pelle come i residui di una colla
super-resistente o di una vernice indelebile.
Dal canto mio, rimasi a terra, come un nudo verme
strisciante, sperando di poter svanire con uno schiocco di dita.
Non ero forte o coraggiosa, perciò non riuscii ad imitarlo o
a ritirarmi nel mio angolo, riorganizzando una strategia che mi permettesse di
uscire viva dal combattimento.
Non potevo vincere contro di lui e non volevo nemmeno farlo.
Se il prezzo da pagare per riaverlo fosse stato essere
uccisa un centinaio di volte -come minimo- avrei accolto la falce della morte a
braccia aperte e con il sorriso.
- Riprenditi le
farfalle che ho sterminato nel tuo stomaco, i battiti del cuore che ti ho
sottratto. Riprenditi i respiri che ho conservato per te nel mio petto e di cui
mi sono nutrita in tua assenza. Riprendimi con te, Jake. -
Tanto, in fondo, non
avevo più nulla da perdere.
Come mi aveva detto Ellie le cose potevano solo migliorare.
Non potevo scendere più in basso, potevo solo ricominciare
la mia lenta e faticosa risalita, armata di piccone, tenacia e unghie spezzate.
Jacob serrò i pugni tra i capelli, più lunghi di come li
ricordassi, e sembrò preparare l'ennesimo colpo duro.
< Ti ho fatto una domanda, Bella. >
Le ultime note pacate della mia marcia funebre. Gli ultimi
accordi di quiete prima del fragoroso schianto di dita pigiate violentemente
sui tasti di un pianoforte maledetto.
< Io...non lo... >
< Non lo sai. Non hai idea di quando cazzo avrei dovuto
saperlo! Avevi almeno intenzione di dirmelo tu oppure mi avresti spedito i
ragazzi con una bella foto e un altro fottuto biglietto dei tuoi, eh? >
ghermì una sedia e la scagliò dall'altro lato della stanza, facendola atterrare
sgraziatamente sul divano.
Chiusi gli occhi e attesi il resto, pregando che non si
accorgesse di quelle lacrime cocenti che mi stavano ustionando il viso.
Si sarebbe probabilmente sentito preso in giro.
Non ero io a dover piangere, ad avere il diritto di palesare
il mio dolore.
- Odiami, amore, ma
almeno tu salvati. Lascia sprofondare me. All'abisso, io, ci sono abituata. -
Le spaccature sul muro scricchiolarono e l'arbitro
dell'incontro iniziò a contare.
Era persino inutile che lo facesse.
Avevo perso senza nemmeno alzare un muscolo.
Ero un colpevole non in cerca d'appello, bensì di una
condanna all'ergastolo in isolamento.
< Mi dispiace. > riuscii a farfugliare, sputando altro
sangue.
Un coro si unì alla voce del cronista.
Uno.
< Ti dispiace e basta, Bella? Tutto quello che hai da
dirmi, dopo dieci mesi, è che sei dispiaciuta? > rise di me, con amarezza,
serrando le dita scosse da spasmi attorno al tavolo.
Due.
Le corde del ring si allentarono ed il lampadario dondolò
pericolosamente.
< Non...non sapevo che fare...è successo tutto troppo in
fretta... > provai a sussurrare, sapendo che il mio silenzio l'avrebbe fatto
imbestialire di più.
Scuse patetiche, idiote, su cui scivolavo come su quella
pozza viscosa che si allargava sotto di me e che era alimentata dalle mie vene,
quasi prosciugate ormai.
Tre.
< STRONZATE! HAI AVUTO MESI DI TEMPO PER DIRMELO, PER
ANCHE SOLO PROVARCI, E INVECE HAI FATTO DI TESTA TUA, FREGANDOTENE DI ME E DEI
MIEI SENTIMENTI DI NUOVO! >
Quattro.
Le ginocchia cedettero e sbattei il mento sul pavimento.
Lui non ci badò nemmeno.
< CAZZO, BELLA, MA AL POSTO DEL CUORE HAI UNA FOTTUTA
PIETRA COME I SUCCHIASANGUE? FORSE E' PER QUESTO CHE VOLEVI DIVENTARE UNA DI
LORO. IN PARTE GIA' LO ERI! > urlò e l'angolo del tavolino di faggio della
madre di Phil volò accanto alla sedia, mentre i tremiti del suo corpo
divenivano di nuovo incontrollabili.
Non poteva trasformarsi ora, in casa di Renèe, correndo il
rischio di essere visto e di non poter più, quindi, avvicinarsi ai gemelli.
Solo questo lo tratteneva, altrimenti io sarei stata già
fatta a brandelli da un po'.
Non ero più colei che riusciva ad ingabbiare l'animale
dentro di lui con dolci parole.
Ero diventata la
miccia d'accensione della sua rabbia, la bandiera rossa agli occhi del toro.
Cinque.
< No! Io...ho solo fatto degli sbagli, Jake, ma ho
imparato. Sono diversa, ora. > non riuscii a fermare quelle parole stupide e
sbagliate.
L'esatto contrario di ciò che lui voleva sentirmi dire.
Aveva tra le mani le prove che stavo mentendo e Jacob non
aveva mai sopportato le bugie.
Sei.
< CRISTO, MA TI SENTI? HAI IMPARATO COSA, DI PRECISO? A
SPARARE STRONZATE MENO CONVINCENTI? UNA PERSONA DIVERSA MI AVREBBE DETTO CHE
PORTAVA IN GREMBO I MIEI FIGLI, PORCA PUTTANA! >
Sette.
Chinai la testa e le lacrime si mescolarono al sangue.
Jake cadde a terra, reggendosi la testa e respirando
affannosamente.
Strisciai verso di lui, sapendo bene di star facendo
l'ennesima stupidaggine, ma proprio non potevo fermarmi.
Lui soffriva e io soffrivo con lui.
Che m'ammazzasse pure, se fosse servito a farlo stare
meglio.
Io lo amavo, dannazione!
< Ti amo, Jake. > mormorai quando fui abbastanza
vicina da poterlo sfiorare.
Dio, quanto mi era mancato il suo calore.
I suoi occhi lampeggiarono.
Otto.
< Tu non sei capace d'amare, Bella. > dichiarò atono,
senza più nemmeno gridare.
La mia marcia funebre arrivò agli sgoccioli ed il pubblico
invisibile di quel combattimento deludente si alzò sulle panche e si portò le
mani davanti alla bocca, facendo risuonare più chiaramente il conteggio.
Nove.
< Per amare bisogna saper restare e tu in questo sei
negata. Non venirmi a raccontare cazzate adesso, che tanto non migliori la tua
posizione. Ormai mi fa schifo anche solo guardarti in faccia. >
Eccolo, il colpo di grazia.
Lo vidi arrivare e non mi scansai.
Dieci.
Il tintinnio penentrante della campana di fine round.
Il tintinnio penentrante della campana di fine round.
< Se anche ti ho amato, adesso non ti amo più. >
Il soffitto crollò con un rombo polveroso su di me, il ring
cedette di schianto, le corde mi frustarono le dita ed io soffocai sotto le
macerie di quell'amore che non avevo saputo curare e coltivare.
Protesi una mano verso di lui, ma Jacob era già lontano e mi
dava le spalle.
- Lasciami un
sentiero di briciole, dammi modo di tornare a casa. Casa per me è con te.
Lasciami tornare con te, amore.-
5 commenti:
Posso dirti con assoluta certezza che questo è uno dei capitoli migliori in assoluto. Sia a livello di contenuto che a livello di stile. Io l’ho visto nascere con te riga , dopo riga, mi ritengo fortunata per questo, so quanto ci hai messo, so quanto ci hai sofferto sopra ed il risultato è davvero notevole.
Non cambierei niente, è perfetto così, sembra di sentire i rumori di quei ring, i colpi che trafiggono l’anima più che il corpo di Bella.
Perché alla fine la resa dei conti è arrivata. E non poteva andare diversamente, perché purtroppo Jake ha ragione Bella non sa amare. Purtroppo non ha ancora imparato a farlo. E la strada è ancora lunga. Ha spezzato il cuore di Jake una volta di troppo. Ora fra l’oro ci sono troppe bugie, incomprensioni e rabbia.
Ha una lunga strada da fare per ritrovare la via di casa, e se casa per lei vuol dire Jake questa volta dovrà davvero tracciare un sentiero diverso.
E Jake dovrà imparare a perdonare, ma non come ha sempre fatto. Lui è sempre voluto essere cieco nei confronti di bella e alla fine è arrivato a questo esplosione.
Non è solo Bella a dover imparare, anche lui ha ancora tanta strada da fare. Ora per la prima volta è arrabbiato davvero. prima soffriva troppo per lasciare spazio a altri sentimenti. Ora è in pena esplosione e non sarà facile per nessuno dei due gestirlo.
Tesoro complimenti , complimenti davvero.
Ti adoro e sono qua per te. Sempre.
Finalmente sono qui <3
Non accedo con l'account di Google perché mi annoio, ma cercherò di far capire chi sono.
Anche secondo me questo è stato uno dei capitoli più belli che tu abbia scritto. E' molto suggestiva e coinvolgente, la "trovata" della metafora del ring.
Finalmente c'è stato il confronto diretto tra i due, anche se me lo aspettavo più "commovente" - non so utilizzare altro aggettivo, pardon - che "violento".
Non so, non me la sarei mai aspettata una reazione del genere. Forse ci sarebbe stato un momento di furore, comprensibile, certo.
Mi ha spiazzata.
Aspetto il prossimo, lontano, capitolo.
Brava, NA <3
nooooooooooooooooo...
ma scherziamo?? siamo arrivati veramente a questo livello?? Jake è così saturo che non riesce più aperdonarla...!!!!!
io ci sto malissimo a sta cosa.. mi rendo conto che Bella ha veramente superato ogni limite possibile ed immaginabile.. ma Jake.. Jake.. è il suo amico.. colui che le è sempre stato accanto.. che l'ha sempre perdonata.. sempre sostenuta.. e ora??ora che lei ha solo bisogno di lui.. ora che lei si è veramente resa conto di amarlo.. lui le dice così???.. io sto malissimo... soffro per lei..
Cmq gran bel capitolo scritto bene.. anche le varie pugnalate bello.. ritmato.. non monotono..
uff.. che sofferenza!!!
Oh mammma mia... è stato... straziante. veramente. Straziante e incredibile. Sentire Jake così freddo, incazzato (beh, ha tutti i suoi motivi)è stato doloroso. Mi sono sentita come una spettatrice della lotta. Ero lì, seduta sugli spalti a osservare i colpi che l'uno sferzava all'altro, e non potevo che provare pena per Bella e Jake. Pena ricordando quello che sono stati e vedendo quello che sono ora. Devo dirti che solo tu sei in grado di far provare tali emozioni alla gente. Come al solito, un grande lavoro. Fottitene se l'account non è ancora attivato. Il tuo più grande successo è qui, vivo, nonostante tutto. Ti voglio Bene
Oddio....ho letto due volte il capitolo, solo per farlo imprimere meglio nella mia mente...
....WOW....questo capitolo è....è...PERFETTO.
Le emozioni dei nostri due protagonisti sono tangibili. Soprattutto quelle di Bella.
Lei sa di meritare tutta la rabbia e il risentimento di Jake, ma non può fare a meno di stare male, di sgretolarsi di fronte a tutte quelle accuse.
Il tuo paragone con un combattimento sul ring è stato semplicemente sublime. Un paragone che si è trascinato fino alla fine, incastrandosi perfettamente con l'intreccio del capitolo.
Bella è distrutta; Jake è distrutto.
E la luce di quei bambini illumina i loro visi.
Ma il loro percorso non è ancora finito.
Hanno ancora un pò di strada da fare e spero che, alla fine di essa, si prendano per mano.
Perchè loro sono destinati a stare insieme.
Sono anime gemelle.
E il dolore dell'uno è il dolore dell'altro.
Per questo sono sicura che non riusciranno a stare per molto separati.
Spero di leggere presto il prossimo capitolo (in questo momento già fremo di impazienza xD)!
Aspetterò tutto il tempo necessario comunque.
Colgo l'occasione per farti i miei complimenti: scrivi davvero davvero davvero bene. Sei capace di coinvolgere il lettore in maniera totale e assoluta ( e ti invidio un pò per questo xD).
Alla prossima, allora!!
Baci, Nalu :D
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